Riabilitare dopo l’ictus non è impresa impossibile

Riabilitazione. L’emiparesi è il deficit motorio e sensitivo che consegue principalmente a un ictus cerebrale. È fondamentale il lavoro sinergico.

L’emiparesi è l’emblema della condizione che necessita di riabilitazione, perché comporta diverse disabilità che è necessario affrontare. Ne parliamo con il dott. Dario Guerini Rocco, direttore dell’Area Omogenea di Riabilitazione Specialistica e Geriatrica dell’Ospedale Briolini di Gazzaniga (Asst Bergamo Est).

Cosa si intende per emiparesi?

«L’emiparesi è il deficit motorio e sensitivo che consegue principalmente a un ictus cerebrale. L’ictus ha origine principalmente ischemica 87% (assenza acuta di flusso di sangue, che

comporta la morte di cellule cerebrali, in una parte del cervello a causa di trombosi o emboli). Il resto delle cause dell’ictus si verifica per causa emorragica (rottura di un vaso cerebrale). L’emiparesi colpisce 400-600 mila persone all’anno nel mondo ed è la seconda causa di morte a livello mondiale, dopo le malattie del cuore, ma prima del cancro. L’ictus è quindi potenzialmente mortale ma i sintomi possono anche regredire. L’Organizzazione Mondiale della Sanità distingue l’ictus (sintomi che persistono oltre 24 ore) dai TIA (attacco ischemico transitorio) in cui i sintomi scompaiono in breve tempo. Negli ultimi anni sono migliorate le cure neurologiche (in particolare con la trombolisi nelle ore successive dopo l’ictus) e la presa in carico riabilitativa. Fondamentale è la prevenzione dell’ictus che si attua contrastando i fattori di rischio, ben conosciuti: ipertensione, fumo di sigaretta, sovrappeso e obesità, ipercolesterolemia».

Perché è così importante la riabilitazione dell’emiparesi?

«L’Ictus è un evento acuto che cambia la vita dei pazienti e della loro famiglia. Noi operatori ricordiamo ai pazienti che la vita non si è fermata al momento dell’ictus, affrontiamo con loro la guarigione con la speranza di un ritorno alla vita “di prima”. A seconda della zona cerebrale lesionata ci possono essere disabilità motorie (spasticità, flaccidità, incapacità a stare seduti, camminare o prendere gli oggetti), difficoltà del linguaggio (afasia), difficoltà cognitive, alterazione dell’alimentazione (disfagia cioè difficoltà a deglutire), necessità assistenziali. Fondamentale è il lavoro sinergico di tutte le figure professionali del team multidisciplinare coinvolte nel Progetto Riabilitativo (Medico Specialista, Terapista della riabilitazione, Infermiere della riabilitazione, Logopedista, Terapista Occupazionale, Neuropsicologa e molte altre figure), ciascuna delle quali, nel rispetto della propria autonomia professionale, mette in campo le proprie competenze specifiche».

Chi è l’infermiere della riabilitazione?

«L’infermiere della riabilitazione ha l’importante compito di attivare, dopo un’accurata rilevazione dei bisogni assistenziali, programmi di interventi finalizzati al raggiungimento della maggior autonomia possibile nel soddisfacimento dei bisogni fondamentali, attraverso azioni di indirizzo, guida, sostegno, compensazione e sostituzione, stimolando le capacità residue. Presso la Riabilitazione di Gazzaniga, l’assistenza infermieristica si caratterizza e si qualifica per essere ondata sul modello organizzativo del Primary Nursing, ovvero è basata sulle relazioni umane (essenza dell’assistenza) ed è guidata dall’autonomia e dalla responsabilità professionale dell’infermiere».

Vi sono altre disabilità da ricordare?

«Naturalmente il recupero motorio è il cuore dei problemi. La riabilitazione ha dimostrato l’efficacia nel recupero motorio. I terapisti lavorano per stimolare le capacità motorie e i compensi motori necessari. Bisogna ricordare che il massimo di recupero motorio si ha nei primi 6 mesi, massimo un anno, in cui si concentra il massimo sforzo riabilitativo. Successivamente il lavoro riabilitativo si rivolge per prevenire peggioramenti o su obbiettivi motori specifici. Vi sono tecniche riabilitative specifiche per contrastare la Spasticità che possono essere attivate come le pompe al Baclofen o infiltrazioni al Botulino (offerta terapeutica disponibile anche presso la Riabilitazione di Gazzaniga). Tutti gli operatori e i caregiver hanno il compito di stimolare e permettere, oltre le difficoltà motorie del paziente, la sua massima partecipazione sociale».

La riabilitazione si esaurisce in ospedale?

«Per tutti i pazienti è necessario attivare un percorso assistenziale riabilitativo funzionale che vada dall’ospedale alle strutture di riabilitazione e al domicilio e che si differenzi a seconda delle possibilità di recupero. I percorsi riabilitativi e assistenziali possono anche a un certo punto differenziarsi. I pazienti in condizioni di fragilità e/o vulnerabilità, necessitano di particolare attenzione nell’essere accompagnati durante il percorso di cura e nel passaggio successivo dall’ospedale al territorio. Per questa tipologia di pazienti fondamentale è il supporto della Centrale di Continuità presente nell’Asst Bergamo Est che, in base ai bisogni della persona in dimissione, attiva percorsi strutturati (Adi, Cure intermedie, Rsa, Infermiere di comunità, Casa di Comunità,ecc.), oppure indirizza l’assistito verso il servizio sociale professionale di competenza. Nel caso la persona sia dimessa al domicilio, il medico fisiatra prescrive eventuale proseguimento riabilitativo post dimissione e tutti gli ausili e i presidi necessari. Si pone particolare attenzione alla componente educativa (operata da tutti gli operatori coinvolti nel progetto riabilitativo), rivolta sia al paziente sia alle figure di riferimento che avranno parte attiva nella gestione della persona a domicilio».

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