
La salute / Bergamo Città
Lunedì 09 Giugno 2025
Valvole cardiache, dopo i 65 anni bene controllare
CARDIOLOGIA. Oltre la metà degli «over 65» ha un’anomalia, ma almeno un terzo non se ne accorge.
Oltre la metà della popolazione sopra i 65 anni presenta anomalie delle valvole cardiache di grado almeno lieve-moderato. Eppure, secondo le statistiche, un terzo dei casi non lo sa. «Pur essendo molto diffuse, c’è ancora poca consapevolezza nei confronti delle patologie delle valvole cardiache, o valvulopatie anche perché spesso rimangono asintomatiche per anni, pur progredendo. Diagnosticarle tempestivamente e monitorarle nel tempo è fondamentale. Si tratta infatti di patologie potenzialmente molto gravi che però oggi possono essere curate con tecniche mini-invasive» sottolinea il dottor Maurizio Tespili, coordinatore dell’area cardiologica degli Istituti Ospedalieri Bergamaschi e responsabile della Cardiologia Ospedaliera dell’Irccs Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio e la dottoressa Sara Ruggerini, cardiologa esperta in imaging cardiologico del Policlinico San Pietro.
Cosa si intende per malattie delle valvole cardiache?
«Le valvulopatie sono caratterizzate da un malfunzionamento nel controllo del flusso di sangue di una delle quattro valvole del cuore: la mitrale, che controlla il flusso di sangue tra atrio e ventricolo della parte sinistra del cuore; l’aortica, che controlla ventricolo sinistro e aorta; la tricuspide, che controlla il flusso tra l’atrio e ventricolo della parte destra; la polmonare, che controlla il flusso dal ventricolo destro all’arteria polmonare. Aprendosi e chiudendosi, in modo coordinata col battito del cuore, queste valvole lasciano passare il sangue in una direzione specifica garantendo l’efficienza del sistema cardiovascolare. Quando, per svariati motivi (età avanzata, malattie cardiache, pressione alta, diabete e colesterolo alto etc.) una di queste valvole non riesce più ad aprirsi e chiudersi come dovrebbe si parla di valvulopatia».
Quali sono le valvulopatie più frequenti?
«Le due valvole maggiormente interessate dal problema sono l’aortica e la mitrale. La prima in genere può andare incontro a una stenosi ovvero a un progressivo restringimento, la seconda a un’insufficienza, ovvero una chiusura incompleta in cui il sangue torna indietro».
Come si diagnosticano?
«Con visita specialistica completa di elettrocardiogramma ed ecocardiogramma. Quest’ultimo è fondamentale per definire il tipo di difetto e per quantificarlo. Se il difetto è lieve è importante stabilire un programma di monitoraggio con cadenza regolare, se invece è importante diventa necessario intervenire. Oggi nei pazienti più giovani si ricorre all’intervento di cardiochirurgia tradizionale, mentre nelle persone sopra i 70-75 anni, più fragili e spesso con comorbidità, si usano tecniche mini-invasive che non necessitano dell’apertura del torace».
In cosa consistono?
«Si tratta di tecniche cosiddette di cateterismo cardiaco, che fanno parte della cardiologia interventistica. Questi nuovi approcci mini-invasivi permettono di curare anche pazienti fragili e complessi e ristabilire un’aspettativa di vita normale, soprattutto se si agisce in tempo. Per quanto riguarda la valvola aortica, l’intervento di sostituzione della valvola compromessa viene realizzato tramite TAVI (impianto valvolare aortico transcatetere): un’innovativa tecnica mininvasiva che si effettua con un accesso percutaneo e senza fermare il cuore. Viene inserita una protesi cardiaca, dall’inguine e attraverso l’arteria femorale, che si “aggancia” alla valvola malata e comincia a funzionare regolarmente, ripristinando il normale flusso della circolazione. Nell’ambito della valvulopatia mitralica invece la tecnica mini-invasiva oggi possibile, soprattutto nei pazienti a rischio troppo elevato per chirurgico, è la cosiddetta Mitra-Clip, con la quale si applicano, sempre per via transcatetere, delle clip artificiali in grado di permettere alla valvola di chiudersi correttamente risolvendo così l’insufficienza mitralica».
© RIPRODUZIONE RISERVATA