Vapore acqueo per l’ipertrofia prostatica benigna

UROLOGIA. Introdotta pure all’ospedale «Papa Giovanni XXIII» la tecnica mininvasiva per pazienti selezionati.

All’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo prende il via una nuova metodica mininvasiva per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB), una condizione molto comune tra gli uomini sopra i 50 anni, che può causare disturbi urinari anche importanti. Il trattamento sfrutta l’azione terapeutica del vapore acqueo per ridurre il volume della prostata, con una procedura breve, priva di incisioni e tempi di recupero contenuti.

Molti i vantaggi

La tecnica, disponibile in diversi centri in Italia e è ora disponibile anche al Papa Giovanni XXIII di Bergamo. La tecnica è effettuata dall’équipe diretta dal Luigi Da Pozzo, direttore dell’Urologia e del Dipartimento chirurgico dell’Asst Papa Giovanni XXIII e professore all’Università di Milano-Bicocca con la supervisione dell’urologo Antonino Saccà. L’intervento prevede il rilascio di piccole quantità di vapore all’interno della ghiandola prostatica attraverso una sonda inserita per via transuretrale. Il calore genera una reazione localizzata che porta alla riduzione progressiva del tessuto in eccesso, migliorando la funzione urinaria. Uno dei vantaggi principali è la possibilità di eseguire la procedura in regime di sedazione, evitando l’anestesia generale. I tempi di ricovero sono brevi e la ripresa delle normali attività è rapida. La metodica è indicata per pazienti con prostata di volume medio e sintomi urinari moderati o severi, in cui la terapia farmacologica non sia efficace o ben tollerata.

Più possibilità per i pazienti

«Questa tecnica ci permette di ampliare le possibilità di trattamento per i pazienti con ipertrofia prostatica, con un approccio meno invasivo rispetto ad altre soluzioni chirurgiche più affermate», spiega Da Pozzo. «È una proposta utile soprattutto per chi cerca un’alternativa efficace ai farmaci, ma non presenta indicazioni immediate per interventi più strutturati».Rispetto ad altre opzioni chirurgiche, come l’asportazione endoscopica del tessuto prostatico, l’intervento con vapore acqueo riduce il rischio di complicanze legate al sanguinamento o alla disfunzione sessuale. Va comunque considerato nel contesto di un ventaglio di scelte che include anche tecniche endoscopiche laser o robotica, riservate a casi più complessi o a prostate di maggior volume. Le procedure chirurgiche a cielo aperto, invece, oggi sono riservate a situazioni residuali.

Solo per patologie benigne

L’introduzione di questa nuova tecnica è riservata alla patologica benigna. Per le patologie maligne il percorso specialistico garantito dall’Urologia del Papa Giovanni XXIII, prevede la presa in carico multidisciplinare da parte della Prostate Cancer Unit. Il team è composto da urologi, oncologi, radioterapisti, radiologi e medici nucleari, con l’obiettivo di offrire ai pazienti un percorso coordinato e personalizzato, dalla diagnosi al trattamento.

Il programma «Prias»

Nell’ambito oncologico, la struttura partecipa a programmi internazionali come «Prias», dedicato alla sorveglianza attiva nei casi di tumore a basso rischio, evitando interventi non necessari. Ogni anno vengono eseguite circa 200 prostatectomie radicali con tecnica robotica, e oltre 800 biopsie prostatiche, molte delle quali con metodiche avanzate di fusione tra ecografia e risonanza magnetica. Con l’introduzione della terapia con vapore acqueo, l’Urologia dell’Asst «Papa Giovanni XXIII» di Bergamo aggiunge una nuova risorsa al proprio approccio modulato e progressivo alla patologia prostatica benigna, rispondendo ai bisogni di una fascia di pazienti che richiede soluzioni efficaci ma poco invasive.

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