«Donna annegata, lui voleva ucciderla»

Fara Gera D’Adda Davanti al pm il convivente ha confermato la ricostruzione dei carabinieri. Ha lanciato l’auto nel fiume, poi si è messo in salvo: lei non ce l’ha fatta. Dal racconto emergerebbe l’intenzione di farla morire.

Il racconto che Carlo Fumagalli ha reso al pm Carmen Santoro mercoledì 20 aprile in carcere coincide nella sostanza con la versione che è stata diffusa nelle ore successive alla morte della convivente Romina Vento, 44 anni, la donna annegata nel fiume Adda martedì sera a Fara Gera d’Adda dopo che lui s’è lanciato (intenzionalmente, secondo le prime accuse) in acqua con la propria auto sulla quale c’era anche la compagna. Lei è morta, lui è riuscito a mettersi in salvo: è stato rintracciato tre ore più tardi dai carabinieri a Vaprio d’Adda, in stato confusionale e con gli abiti inzuppati. Non si può definire un’ammissione, ma è certo che il 49enne arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato non ha preso le distanze dalla ricostruzione che i militari della Compagnia di Treviglio e del Nucleo investigativo di Bergamo hanno effettuato sulla base di riscontri e testimonianze. E dal racconto che ha fatto davanti al pm sarebbe emersa la volontà di uccidere la 44enne, probabilmente perché lei aveva manifestato l’intenzione di lasciarlo.

Dal racconto che ha fatto davanti al pm sarebbe emersa la volontà di uccidere la 44enne, probabilmente perché lei aveva manifestato l’intenzione di lasciarlo

Dunque, martedì Fumagalli è passato a prendere la compagna che aveva terminato il turno di lavoro alle 20,30 al Pastificio Annoni di Fara Gera d’Adda, a poca distanza dall’abitazione di via Udine dove i due vivevano con la figlia quindicenne e il figlio di 10 anni. La donna era solita rincasare a piedi, ma martedì sera il compagno ha deciso di andarla a prendere, lasciando i due figli a casa da soli. Forse esigeva chiarimenti sull’intenzione di lei di interrompere il rapporto. La coppia era infatti in crisi da tempo e lui era caduto in uno stato depressivo che l’aveva costretto a rivolgersi a uno psichiatra. I due però non avevano mai manifestamente dato segni di insofferenza reciproca, tanto che i vicini di casa hanno ripetuto di non aver mai sentito litigi. Ed è probabilmente per non farsi sentire dai figli e dai condòmini che Fumagalli ha deciso di passare a prendere la convivente e di intavolare una discussione in auto.

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Si sono fermati in via Reseghetti, a 250 metri dal punto dove poi la Renault Megane guidata da Fumagalli è precipitata in acqua. Qui probabilmente è esplosa una lite e l’uomo, in preda a uno scatto d’ira, ha avviato l’auto dirigendosi a tutta velocità verso lo spiazzo sterrato situato sulla riva davanti a cui si intersecano l’Adda e il canale del vicino linificio. È passato nel varco del guardrail che divide la strada dallo spiazzo, e questo è uno degli elementi che fanno propendere per la volontarietà del gesto e non per l’incidente.

Due testimoni alle 21,34 hanno visto sfrecciare la vettura e sentito una voce femminile gridare «Aiuto!»

Due testimoni alle 21,34 hanno visto sfrecciare la vettura e sentito una voce femminile gridare «Aiuto!». Da successivi accertamenti pare che Romina abbia lanciato l’urlo mentre era già in acqua. È un particolare che va verificato con cura, perché in questo caso la donna sarebbe riuscita a riemergere dopo essere uscita dall’abitacolo. E allora va capito anche perché poi è annegata. Perché non sapeva nuotare? Perché ha avuto un improvviso malore? O perché il compagno l’ha ostacolata impedendole di mettersi in salvo? Quest’ultima dinamica è stata esclusa da Fumagalli durante l’interrogatorio, ma su questo aspetto sono in corso verifiche.

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Nella mattinata di venerdì, assistito dall’avvocato Fabrizio Manzari, il 49enne verrà sottoposto a interrogatorio di convalida dell’arresto da parte del gip Vito Di Vita. Martedì 26 aprile è invece in programma l’autopsia al «Papa Giovanni».

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