L’amico Gotti: «Fu Gimondi a far decollare la carriera di Dario»

LE TESTIMONIANZE. Gli amici e colleghi ricordano la figura di Dario Acquaroli, morto il giorno di Pasqua a seguito di un malore che lo ha colpito mentre era in sella alla sua mountain bike.

Avrebbe dovuto essere soltanto un’uscita in sella alla inseparabile mountain bike, nella sua valle. E invece è stata la sua ultima corsa. Dario Acquaroli aveva conquistato due titoli mondiali, altrettanti titoli europei, e qualcosa come cinque maglie tricolore. Una carriera super che gli ha aperto la porta, dopo avere concluso l’attività agonistica, in aziende che vanno per la maggiore nel ciclismo. Da giovanissimo Dario aveva iniziato con lo sci, per poi passare subito alla mountain bike nell’allora «Cicli Redondi» di San Pellegrino, suo paese natale.

Nella chiesetta di San Nicola, dove è composta la salma, è stato un andirivieni continuo di persone, tra loro numerosi ex corridori, tra cui il conterraneo e vincitore di due Giri d’Italia Ivan Gotti: «Eravamo amici come lo erano le nostre famiglie. Aveva una naturale predisposizione alla mountain bike tanto che Felice Gimondi, allora presidente del Team Bianchi, squadra corse di Treviglio, lo volle nella sua formazione determinando praticamente il decollo della sua carriera».

Ermanno Brignoli sottolinea: «Pur non avendo mai corso insieme avevo un ottimo rapporto con lui. Ricordo un ritiro invernale con Mercatone Uno invitato dallo stesso Gimondi ad allenarsi con noi stradisti. C’era pure Pantani, abbiamo condiviso una quindicina di giorni intensi di preparazione ma ci siamo anche divertiti».

Da alcuni anni era responsabile del settore marketing Merida Italia e, prima ancora, si era distinto come coordinatore del settore tecnico (cambio ruote) di Vittoria che ha sede a Brembate. «Per alcune stagioni ho lavorato, con altri collaboratori esterni, a stretto contatto con Dario, persona concreta, preparata. A ognuno di noi ha dispensato consigli preziosi all’attività di supporto in gara (cambio ruote, appunto), anche per questo era molto stimato dai corridori».

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