Omicidio Colleoni: uccise il padre, in Appello confermata la condanna a 21 anni

Il processo. La Corte d’Assise di Brescia ha confermato la condanna di primo grado a 21 anni per Francesco Colleoni, cuoco di 35 anni accusato di aver ucciso, il 2 gennaio 2021 a Dalmine, il padre Franco Colleoni, 68 anni, ristoratore e in passato segretario provinciale della Lega Nord di Bergamo.

La Corte d’Assise di Brescia ha confermato la condanna di primo grado a 21 anni per Francesco Colleoni, cuoco di 35 anni accusato di aver ucciso, il 2 gennaio 2021 a Dalmine, il padre Franco Colleoni, 68 anni, ristoratore e in passato segretario provinciale della Lega Nord di Bergamo. Colleoni padre, gestore del ristorante «Carroccio», era stato colpito nel vialetto fuori casa ed era stato trovato con la testa fracassata contro un cordolo del marciapiede. Dallo scorso 8 aprile Francesco Colleoni si trovava ai domiciliari a casa di un amico a Brescia.

È durata un paio d’ore, venerdì 28 ottobre, l’udienza del processo di appello per la morte di Franco Colleoni, 68 anni, ristoratore ed ex segretario provinciale della Lega Nord, che vede imputato per omicidio volontario aggravato il figlio Francesco, cuoco di 35 anni, ora agli arresti domiciliari e presente in aula con la madre Tiziana Ferrari. Il sostituto procuratore generale Giulia Labia aveva chiesto la conferma della condanna a 21 anni comminata nel dicembre scorso dalla Corte d’assise di Bergamo, mentre gli avvocati difensori Enrico Cortesi e Andrea Filipponi hanno invocato l’assoluzione. La Corte d’assise d’appello - presieduta da Giulio de Antoni - si è ritirata in Camera di Consiglio per quasi cinque ore e ha deciso di confermare il giudizio di primo grado.

L’omicidio risale al 2 gennaio 2021. Colleoni senior era stato ucciso nel cortile del ristorante di famiglia, «Il Carroccio» di Dalmine al culmine di una lite. L’assassino gli aveva sbattuto ripetutamente il capo sul cordolo del vialetto. Il 35enne ha sempre ammesso di aver litigato col padre e di avergli dato una spinta. Da lì in poi, però, non ricorda più nulla.

Per il sostituto pg non ci sono dubbi che il responsabile sia il figlio della vittima, mosso da «uno scatto d’ira in seguito a una discussione scoppiata per futili motivi, e cioè due paletti dell’illuminazione trovati divelti». Secondo l’accusa è «ipotesi inverosimile» l’omicidio commesso da altre persone, in specie da ladri scoperti, che è una delle ricostruzioni alternative ventilate dalla difesa. Intanto, ha ricordato il sostituto pg, «non sono stati trovati segni di effrazione». E poi, le modalità non sono quelle di malviventi smascherati, che per fuggire si sarebbero limitati a mettere fuori gioco la vittima senza per forza ucciderla, mentre in questo caso l’omicida ha mostrato accanimento, «compatibile con un rancore covato» e dovuto alle numerose vessazioni che negli anni il giovane aveva subito dal «padre-padrone», come era stato definito Colleoni senior nella sentenza di primo grado. «L’imputato ha voluto la morte, non si è fermato finché il genitore non è spirato», ha sostenuto Labia, per ribattere all’ipotesi di preterintenzionalità che la difesa aveva inserito nei motivi di appello.

L’avvocato Cortesi l’ha ricordato anche nell’udienza in appello: «L’imputato ammette la spinta e se è questa la causa del decesso non c’è volontà omicidiaria». Per i difensori le indagini sono state da subito a senso unico e hanno trascurato molti elementi. L’ipotesi dell’estraneo non è campata per aria, per l’avvocato Cortesi, perché, «a causa della sua personalità, Franco Colleoni aveva parecchi nemici».

In aula si è dibattuto pure sull’attenuante della provocazione. Non concedibile per il sostituto pg, «perché i pessimi rapporti col padre, non possono costituire il fatto ingiusto da cui è scaturita l’ira». La difesa ha invece spiegato che il 35enne ha «agito al culmine di un’esasperazione dovuta al fatto ingiusto altrui«, e cioè del padre, il cui comportamento violento è stato narrato tra le lacrime dall’altro figlio, Federico, e dalla ex moglie Tiziana nel processo di primo grado. «Ritenere questi fatti non ingiusti è sbagliato dal punto di vista umano e giuridico», ha concluso Cortesi.

Infine, la difesa ha rinnovato la richiesta di perizia psichiatrica esclusa dalla Corte d’assise di Bergamo, mentre l’accusa l’ha ritenuta non necessaria.

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