Frana di Tavernola, aperto un fascicolo: i pm vogliono capire i rischi

I carabinieri acquisiscono documenti in municipio e alla Italsacci, sotto la lente i piani sicurezza e gli studi sugli interventi e sull’onda anomala. Una sorta di fascicolo «esplorativo», senza ipotesi di reato e indagati, che in questa fase privilegia la raccolta di informazioni.

La frana sul Monte Saresano finisce in un fascicolo di indagine, aperto e gestito dal procuratore Antonio Chiappani. Una sorta di fascicolo esplorativo, senza ipotesi di reato e indagati, che in questa fase privilegia la raccolta di informazioni sui rischi e sui piani di intervento, ma che in futuro potrebbe riguardare anche le cause dello smottamento e le eventuali responsabilità. Si spiegano così le acquisizioni di documentazione che i carabinieri del Noe di Brescia hanno compiuto nei giorni scorsi in municipio a Tavernola e negli uffici del cementificio Italsacci, sopra il quale incombe la frana. Per tre volte i militari dell’Arma si sono presentati in Comune e massima collaborazione hanno ricevuto dal sindaco Ioris Pezzotti. «Stanno facendo il loro lavoro, c’è un’inchiesta in corso, non posso dire di più», si limita a dichiarare il primo cittadino.

Ripetute anche le «visite» del Noe negli uffici della Italsacci («No comment» dall’azienda), dove sarebbero stati acquisiti anche i piani per la sicurezza. Tra le carte che si sono portati via i carabinieri nel corso delle varie acquisizioni ci sarebbero le autorizzazioni concesse alla vecchia proprietà. Uno degli accertamenti che hanno in animo gli inquirenti è infatti quello di capire quanto abbia influito sul rilascio delle concessioni la consapevolezza che la zona fosse interessata già all’epoca da un fenomeno franoso. La frana è attiva dagli anni ’70, ma è un movimento di carattere naturale. In una seconda fase la Procura potrebbe essere interessata a chiarire se l’attività estrattiva abbia o meno contribuito a facilitare lo smottamento.

In questo momento però gli inquirenti sono interessati ai rischi e ai relativi piani per evitarli. Perciò dalla Prefettura hanno ottenuto i primi abbozzi e i carteggi relativi ai piani di studio e di intervento finanziati dalla Regione. Quello di Nicola Casagli, docente di Geologia applicata all’Università di Firenze e geologo del Dipartimento nazionale della Protezione civile, che si sta occupando del monitoraggio. Quello di Giovanni Crosta, docente all’Università Bicocca di Milano, relativo al monitoraggio. E quello di Claudio Di Prisco del Politecnico di Milano, in base al quale saranno messi a punto gli interventi di consolidamento. Tra le carte acquisite ci sono i due studi sul moto ondoso («lo tsunami», «l’onda anomala», come si paventa) che la possibile caduta della frana nelle acque del lago provocherebbe: la prospettazione di Marco Pilotti, docente di Idraulica dell’Università di Brescia, che ipotizza un’onda alta 60 metri ma che finora ha raccolto scetticismo; e lo studio di Filippo Zaniboni, ricercatore del dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna, che apre più scenari, con un’onda da 2,5 metri a, nel caso peggiore, 8 metri.

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