«La mia Veronica non c’è più»
La mamma: ma forse ha salvato gli altri

La mamma della studentessa stroncata dalla sepsi il 3 dicembre: le sue parole e il ricordo commosso. Ma non solo: «Il suo medico ha riconosciuto gli stessi sintomi nella seconda studentessa. Forse Veronica ha permesso di salvare la vita di qualcuno».

«Ero convinta che Veronica fosse vaccinata contro il meningococco». Debora Poli torna lì. A quel vaccino. Quell’antidoto che era sicura sua figlia avesse preso, da piccola, «proprio come sua sorella minore». È passato poco più di un mese dalla scomparsa della studentessa dell’Università Cattolica di Brescia: Veronica è morta nella notte fra lunedì 2 e martedì 3 dicembre, stroncata da una sepsi da meningocco C. In un anonimo lunedì, una giornata che avrebbe dovuto trascorrere semplicemente fra casa e ateneo, Veronica ha salutato di buon’ora mamma Debora mentre raccoglieva il pranzo al sacco da portare con sè all’università, facoltà di Scienze matematiche. Ma a casa, a Villongo, Veronica non ha più fatto ritorno. «Io e mio marito abbiamo sempre vaccinato le nostre figlie: vaccini obbligatori e facoltativi, tutti. Ecco perchè eravamo convinti che anche Veronica avesse fatto il vaccino contro il meningococco. Invece non era così».

La diciannovenne di Villongo è stata la prima ad ammalarsi nel Basso Sebino: dopo di lei una studentessa di 16 anni che frequenta il «Serafino Riva», oggi completamente guarita, un operaio 36enne attualmente in via di guarigione, e poi Marzia Colosio, la mamma 48enne di Predore spirata la settimana scorsa, il 3 gennaio, un mese esatto dopo Veronica. Come un terribile destino.

Tutti colpiti da meningocco C. «Sappiamo per certo che fra nostra figlia e gli altri che si sono ammalati non c’è mai stato alcun contatto diretto. Semplicemente, non si conoscevano. Continuiamo a chiederci come possa aver contratto il batterio che l’ha aggredita: e, avendo appreso che si trasmette più facilmente in luoghi chiusi, ci continua a frullare in testa il fatto che il sabato prima di ammalarsi era stata a ballare in discoteca. Ma vai a sapere se, invece, non è bastato un colpo di tosse o lo starnuto di qualche portatore sano».

Di una cosa però la famiglia di Veronica è convinta: «Dopo il suo caso, i medici sono riusciti più facilmente a diagnosticare la malattia. La famiglia della studentessa 16enne colpita dal meningococco ce lo ha detto a chiare lettere: se il medico ha chiamato l’ambulanza direttamente e al volo dal suo ambulatorio, è perchè ha avuto il sospetto che i sintomi fossero gli stessi di quelli di Veronica. Il dottore era lo stesso».

Una consapevolezza che, a Debora, suona come una carezza: «Forse Veronica ha salvato la vita a qualcuno» dice sommessamente. La famiglia Cadei oggi è più o meno tornata alla vita di tutti i giorni: Debora e Paolo al lavoro e Nicoletta, la sorella minore, è rientrata all’istituto Antonietti – lo stesso dove aveva studiato Veronica – soltanto dopo le feste natalizie. «Nei giorni scorsi mi è capitato di trovarmi circondata da persone che non facevano altro che parlare di vaccini e dell’urgenza di vaccinarsi – dice Debora – e, con cortesia, ho chiesto loro di smettere. Posso capire la preoccupazione, ma la vittima di questo focolaio è mia figlia Veronica. Insieme a Marzia».

Fra code agli ambulatori, resse ai presidi dell’Ats, assalti ai medici di base, c’è però anche chi non ha mai smesso di stare accanto alla famiglia Cadei. «Non solo i nostri amici, che non ci lasciano mai soli. Riceviamo lettere anche da persone che non abbiamo mai conosciuto, lettere che ci accarezzano il cuore. E siamo felici che sia il Comune di Villongo sia l’istituto Antonietti di Iseo abbiano deciso di istituire due borse di studio in onore di Veronica. Era il nostro piccolo genio, una promessa della matematica. Ci manca, ma siamo felici che qualcuno possa coltivare con la sua stessa passione l’amore per i numeri».

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