Zorzone, l’addio ad Alessandro
«Adesso siamo nelle tue mani»

Ai funerali del quindicenne morto precipitando dall’Alben, le parole rotte dal pianto del fratello Jacopo. La cerimonia al cimitero, con tantissima gente anche fuori. Striscioni e i messaggi degli amici affidati ai palloncini

«Ora siamo nelle tue mani e questa volta ti preghiamo di non mollare la presa». Le parole strazianti di Jacopo rompono il silenzio nel piccolo cimitero di Zorzone. Il camposanto è colmo di gente, tante anche le persone all’esterno, sui prati, sul viale di ingresso, per cercare di conservare le distanze anti-Covid. Forse un migliaio in tutto. Al centro del camposanto la bara bianca di Alessandro Dolci, il liceale quindicenne trovato morto domenica ai piedi del monte Alben, da cui era precipitato per 50 metri dopo un’arrampicata in solitaria. E da corollario proprio quelle montagne, l’Alben, il Menna, l’Areera, che lui amava. Accanto ad Alessandro siedono i familiari, mamma Piera, papà Paolo, i fratelli, gli amici.

Il cappello e gli striscioni

Sulla bara, portata per un tratto da amici e famigliari, i fiori e un cappello. Appesi nel cimitero anche due striscioni: «Ora sei il nostro angelo. Sarai sempre con noi. Ciao Ale». E ancora gli amici: «Metto il cappello, chiudo il giacchetto, scendo in strada, becco gli altri, inseguo il sogno nel cassetto. Con le cuffiette, stacco i piedi dal suolo... Solo un angelo merita quel sorriso, quel sorriso con cui cancellavi i giorni brutti. Quel sorriso che quel giorno abbiamo perso tutti».

A celebrare l’addio ci sono una decina di sacerdoti, con le riflessioni proposte dall’ex parroco don Augusto Benigni: «Alessandro è un giovane che è stato restituito alla Vita ed è tornato dai suoi. Per portarci la pace, per ricordarci che la nostra vita non viene dal caso per finire nel nulla della morte, ma viene da Dio, è nelle sue mani e a Lui ritorna. Questa è la cosa più importante da portare al centro della nostra vita oggi». A conclusione le parole degli amici, anche di coloro che avevano condiviso con lui tre anni di vita in seminario, alla scuola media. E il ricordo va a un’esperienza proprio di arrampicata: «Era il novembre 2017 - dice un ex compagno di classe - e andammo a Colzate per arrampicare, come gesto iniziale della professione di fede. Oggi ci sconvolge accostare questo giorno a quella esperienza, perché te ne sei andato proprio mentre ti arrampicavi su una parete. Ma è proprio quella fede che ci impedisce di disperarci e ci permette di sperare che Dio non abbandona mai noi, i famigliari, gli amici». Poi le parole di un sacerdote che ricorda l’esperienza di Ale come animatore in oratorio: «Vedendolo così capace con i bambini e ricordando che era stato in seminario, un giorno gli dissi: “Tu saresti stato un grandissimo missionario”. Lui mi guardò e mi disse: “Ne riparleremo”».

«Grandi imprese»

Infine le parole di Jacopo, uno dei sette fratelli di Alessandro, che arrivano, rotte dal pianto, a conclusione della cerimonia funebre. «Tu hai la stoffa per compiere grandi imprese ma devi prendere in mano il timone – dice Jacopo - . Devi tracciare la tua rotta e devi seguirla anche in caso di burrasca. E quando verrà il momento in cui potrai mettere alla prova la qualità delle tue vele e mostrare di che pasta sei fatto, spero di essere lì, a godere dello splendore della tua luce che emanerai quel giorno». L’ultimo gesto di addio, accompagnato dagli applausi, è stato il lancio di decine di palloncini azzurri e bianchi, con appesi i messaggi personali degli amici. A raggiungere in cielo il loro Ale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA