Ragazzi in dialogo con il mondo adulto: «Maturità non è solo l’esame di Stato»

San Paolo d’Argon. Sessanta maturandi si sono confrontati con testimoni di vari aspetti del reale (formazione, partecipazione, lavoro e servizio). L’iniziativa promossa dalla diocesi.

Quattro aree tematiche per dodici tavoli rotondi, attorno ai quali guardarsi in faccia, ascoltare, chiedere e dialogare. Un «tutor», otto ragazzi e, per ogni tavolo, dei fogli bianchi, su cui scrivere a pennarello le proprie emozioni. È il format di «Maturi al punto giusto», l’iniziativa che la diocesi di Bergamo ha proposto sabato 25 marzo all’Abbazia di San Paolo d’Argon a una sessantina di alunni delle quinte superiori degli istituti di città e provincia per riflettere in modo diverso sul tema della maturità a tre mesi dagli esami di Stato, che li licenzieranno dalla scuola per inserirli nel lavoro, all’università o, per alcuni, nel volontariato. C’erano i ragazzi dei licei, quelli degli istituti tecnici e dei centri di formazione professionale; chi con le idee già abbastanza chiare sul proprio futuro e chi invece ancora un po’ spaesato.

Quattro le tappe che sono state scelte per provare a rivolgere lo sguardo sul mondo che li aspetta dopo la scuola e per parlare di maturità personale, oltre che scolastica, insieme a 12 testimoni, uomini e donne «che ce l’hanno fatta» e che hanno raccontato ai ragazzi le loro esperienze di vita. Imparare, partecipare, lavorare e servire: gli incontri si sono svolti attorno a questi temi, con la collaborazione di aziende, enti ed associazioni del territorio, tre per ogni ambito. «Ci piaceva proporre a questi ragazzi un momento in cui riflettere su cosa significa essere maturi, che non significa soltanto conseguire un diploma dopo un percorso scolastico, ma anche maturare come persone – ha detto Daniela Noris, direttrice dell’Ufficio della Pastorale scolastica della diocesi di Bergamo –. È un percorso che non si ferma con la maturità, ma che anzi prosegue aprendo loro nuove strade». Da qui la possibilità offerta dalla diocesi di regalare a questi ragazzi un tempo e un luogo per ascoltare le storie di chi è riuscito a costruire il proprio futuro attraverso varie vicende umane. L’iniziativa è stata organizzata nell’ambito della Capitale della Cultura, in contemporanea con la diocesi di Brescia, dove ieri mattina ha avuto luogo un evento simile. L’istruzione, ma anche la cooperazione, l’industria e la politica, ovvero lo studio, il lavoro, il volontariato e la partecipazione civica, sempre con uno sguardo rivolto al mondo: per ognuno degli ambiti attorno ai quali è stata organizzata la mattinata di ieri, hanno collaborato tre realtà del territorio bergamasco e bresciano.

Per l’area «imparare» c’erano le università di Bergamo e di Brescia e il progetto Fileo; per l’area «partecipare» la Scuola Politica We Care, il Centro missionario diocesano e Atelier Europeo; per l’area «Lavorare» Confindustria Bergamo, Tesmec e Omb Valves, e per l’area «servire» Medici Senza Frontiere, Islamic Relife e Cuamm – Medici per l’Africa. Venti minuti di ascolto per conoscere le diverse esperienze, poi spazio al dialogo e alle domande; un evento culturale, educativo e pure di orientamento, per i tanti ragazzi che ancora non hanno le idee chiare su cosa fare del proprio futuro. «È stata un’occasione, per loro, di sognare in grande e di sentire che esiste un cammino di crescita graduale che necessita di sviluppare tante competenze – ha detto don Sergio Gamberoni, direttore dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti e coordinatore del Progetto Fileo –. Alcune di queste s’imparano a scuola, altre nella convivenza, attraverso il dialogo civile e nella possibilità di riconoscere nell’alterità la possibilità di un arricchimento reciproco. Iniziative come quelle di oggi danno la possibilità ai ragazzi di guardare oltre, di approfondire tanti argomenti e di crescere».

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