
Cronaca / Valle Seriana
Venerdì 18 Luglio 2025
Dona rene al marito, ma scopre un tumore: salvati dai medici
IL LIETO FINE. La chirurgia robotica ha potuto conservare una parte maggiore di tessuto. Così si è coronata la storia d’amore. Lui: «Una sola parola, grazie».
Castione
Prima di essere un trapianto di rene mai eseguito in precedenza, è una bellissima storia d’amore. Tanto che il ricevente, Antonio Tomasoni, 54 anni di Castione della Presolana, è in difficoltà a commentarlo: «Ho una sola parola di fronte al gesto di mia moglie Silvia: amore».
E così, a tre mesi da quelle ore delicatissime e soli 12 giorni di degenza per lui, 4 per lei, la loro storia suggellata dal matrimonio il 20 settembre 2008 ora riempie di cuori non solo i social, sui quali la notizia rimbalza da mercoledì. Pure l’Azienda ospedale-Università Padova ha scelto di concludere la videoanimazione dedicata al «primo trapianto di rene da vivente con nefrectomia parziale robotica» con due reni che, unendosi, danno forma a un cuore. Che pulsa d’amore.
Non sono stati pochi gli ostacoli da superare
Tomasoni, che a Castione chiamano «Puma», 35 anni fa aveva già ricevuto un trapianto di rene. Grazie al quale ha potuto condurre una vita normale tra famiglia e lavoro, nella segreteria scolastica dell’Abf Clusone. «Sono rinato la prima volta il 13 giugno 1990 – racconta –. Sapevamo che era una situazione destinata a “deteriorarsi” e la ricerca di un donatore è delicatissima. Poi le sorprese: la disponibilità di Silvia, l’accertamento della compatibilità e, ahinoi, le complicazioni».
Quando infatti la coppia viene sottoposta agli esami propedeutici al prelievo, l’amara scoperta: «I medici – ricostruisce Silvia Poletti, 53 anni, parrucchiera – scoprono che ho un tumore a un rene. Sembrava tutto sfumato».
L’intervento sorprendente
La vicenda però si fa sempre più sorprendente quando a Padova propongono appunto questo che, eseguito il 18 aprile, è il primo trapianto di rene da vivente con nefrectomia parziale robotica. «Permette – rilevano i medici – di conservare una maggiore quantità di tessuto».
«È il primo caso – entra nei dettagli Fabrizio Dal Moro, primario di Urologia – anche nella maniera in cui è stato affrontato. Si è deciso appunto di ricorrere alla chirurgia robotica per asportare il tumore, la neoformazione, lasciando il rene ancora all’interno della paziente. Non è una cosa secondaria: dobbiamo preservare soprattutto il donatore, in questo caso la moglie». È una tecnica che riduce le complicanze e richiede un tempo operatorio di 140 minuti. «Siamo riusciti a risolvere il problema oncologico – spiega il primario –, ma al tempo stesso siamo riusciti a preservare molto della funzione del rene stesso. Soprattutto, abbiamo rispettato il gesto d’amore della signora Silvia».
Un risultato incredibile
Per la verità è stato necessario rimuovere anche due calcoli renali. Nel commentare il trapianto a Tomasoni, sottolinea Lucrezia Furian, primaria della Chirurgia dei Trapianti di rene e pancreas: «Credo ci siano dei momenti in cui bisogna fermarsi, ma non era questo il caso. Quando tecnicamente si può fare, c’è esperienza, collaborazione multidisciplinare, gli ostacoli si superano». Specie se si è davanti a una storia come questa di Silvia Poletti e Antonio Tomasoni. Lei ripete: «Ho realizzato veramente un sogno».
«Siamo arrivati all’Azienda Ospedale-Università Padova, centro d’eccellenza – spiega la coppia –, perché è tra i pochi in grado di avviare l’iter di trapianto anche prima dell’inizio della dialisi. Ma siamo grati pure al Giovanni XXIII di Bergamo, dove Antonio prosegue controlli e monitoraggi specie degli immunosoppressori. E a tutte le persone che ci sono vicine». Nella tempesta di cuoricini uno soltanto è XXXL, quello di Antonio Tomasoni per la sua Silvia: «E un’unica parola per questo amore puro: grazie».
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