Rischiò la vita a causa di un masso
Chiede il risarcimento di 400 mila euro

È destinata a far discutere la situazione in cui si è trovato il Comune di Valbondione: citato in sede civile per un incidente accaduto nel 2017 sul proprio territorio comunale, all’amministrazione è stato richiesto un risarcimento di 400 mila euro.

L’incidente è del 3 settembre del 2017: Paolo Caldara, oggi 24 anni, di Grumello del Monte, era in gita con alcuni amici e mentre saliva verso il rifugio Merelli al Coca venne colpito al torace da un masso distaccatosi dalle pareti rocciose. Il giovane, gravissimo, venne soccorso e salvato grazie alla tecnica della circolazione extracorporea, ancora oggi porta i segni di quell’incidente, con un’invalidità al 45%.

«Oggi ci viene richiesto un risarcimento di 400 mila euro – commenta il vicesindaco di Valbondione, Walter Semperboni –. Ci ha molto colpito questa richiesta, che abbiamo ricevuto a febbraio: come può un amministratore rendere sicura tutta la montagna? Come si può esser sicuri che gli animali che vivono le montagne non muovano nemmeno un sasso? Le nostre montagne sono aspre, superiamo i duemila metri di altitudine e abbiamo una superficie territoriale molto ampia. Ovviamente tutti noi vorremmo che nessuno dei nostri turisti si facesse male, ma il rischio zero in montagna non esiste. E questo potrebbe costituire un precedente giuridico».

L’amministrazione ha affidato le proprie ragioni all’avvocato Saul Monzani, che il prossimo 30 giugno prenderà parte alla prima udienza, Caldara è invece rappresentato dall’avvocato Alberto Aliverti. «Mi stupisco – dice Aliverti - della meraviglia dell’amministrazione: il mio assistito stava percorrendo un sentiero sul territorio del Comune, un appezzamento di terra su cui l’amministrazione è chiamata a garantire la sicurezza. Non parliamo di una ferrata o di una parete, ma di un sentiero percorso da cittadini di tutte le età». Il tema è quello del diritto di custodia. «Dibatteremo se su quel sentiero – aggiunge – il Comune ha la custodia. Non c’era nemmeno la segnaletica verticale che preannunciasse il rischio di caduta massi». Di parere opposto invece il legale del Comune di Valbondione, Saul Monzani. «Ovviamente spiace per quanto successo – sottolinea –, ma il Comune non ritiene che ci possano essere state negligenze sulla manutenzione del sentiero: la montagna qualche insidia la può sempre nascondere. Una prima perizia geologica aveva evidenziato la possibilità che a far cadere il sasso potessero essere stati animali selvatici. Da affrontare poi anche il tema delle competenze: il sentiero è tracciato dal Cai e si trova nel Parco delle Orobie».

Anche il Cai ricorda con chiarezza l’episodio e i sopralluoghi effettuati in zona subito dopo l’incidente. «Con il responsabile della commissione sentieri – spiega Paolo Valoti, presidente del Cai di Bergamo – e con un geologo incaricato dall’amministrazione comunale avevamo fatto un sopralluogo nella zona, constatando che l’area era (ed è) soggetta a movimenti causati anche dal passaggio di stambecchi. Si tratta di rischi naturali in un ambiente naturale: quando ci si muove in montagna bisogna ricordare che il rischio zero non esiste».

Un tema delicato. «Valbondione è il Comune della Bergamasca – aggiunge Valoti – con la maggior superficie; un Comune piccolo, a cui la natura ha offerto un grande territorio. Se passa il principio che se si stacca qualcosa dalla montagna è responsabilità di chi dal punto di vista amministrativo o morale cerca di mantenere il territorio, ci incamminiamo su un sentiero dove non si salva nessuno. La montagna, e soprattutto l’alta montagna, ha dinamiche di rischio non controllabili. Il Cai sarà sempre vicino a chi subisce un dramma in montagna e a tutti i suoi familiari, ma siamo solidali anche con il Comune che si è trovato di fronte a questa richiesta».

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