Val Borlezza, cinghiali e cervi nei campi: danni alle coltivazioni - Video

ALTA VALLE SERIANA. Gli agricoltori: «È un disastro, a fine stagione resta la metà del mais seminato». Preoccupati anche gli allevatori per le malattie trasmesse al bestiame dagli ungulati.

Nei prati e nei campi coltivati cinghiali, cervi, principalmente ma anche corvi banchettano nei terreni rovinando il lavoro di agricoltori e allevatori che in alta val seriana, nella zona della Val Borlezza segnalano le incursioni degli ungulati. «Quando i danni li fa il maltempo, non è colpa di nessuno e non si può controllare il meteo - commenta Bruno Covelli, dell’azienda Agricola Cà di Lene del figlio Davide Covelli che a Songavazzo ma anche nella vicina Cerete coltiva campi con il mais rostrato rosso di Rovetta - nel 2021 ha grandinato due volte, nel 2022 abbiamo avuto la siccità, a questo si aggiungono i danni di cinghiali, cervi e corvi che sono sempre più numerosi. E nessuno fa nulla».

Zolle ribaltate

Camminando tra i campi destinati allo sfalcio gestiti dalla famiglia Covelli sono evidenti le chiazze marroni delle zolle ribaltate dai cinghiali alla ricerca di cibo. L’erba già alta schiacciata, la terra sollevata qua e là e poi, nei vicini terreni arati e appena seminati, le impronte dei cinghiali e i semini del pregiato mais scomparsi per intere file. Mangiati dai cinghiali.

Il passaggio di un cinghiale a Cerete.

La cura del territorio

«Ormai sono rimasti in pochi a fare questo lavoro, - aggiunge Covelli - gestiamo in affitto i terreni di 52 famiglie: 20 ettari a fieno e 10 destinati alla coltivazione del mais rostrato rosso di Rovetta. Purtroppo a fine stagione molto è perso. Abbiamo seminato una settimana fa e la notte i cinghiali seguono le file e mangiano i semi, prima un terreno, poi l’altro». Al banchetto si aggiungono poi cervi e corvi che con i cinghiali si alternano nei campi nei mesi fino all’autunno per mangiare prima le piantine e poi direttamente la pannocchia. «È un disastro, a fine stagione resta circa la metà del mais seminato- commenta - Un tempo c’erano meno animali selvatici, la situazione era più controllata. Se non cambia mentalità avremo sempre meno persone che si prendono cura del territorio, non avremo campi curati, ma rovi e ortiche». Campi e prati che sul territorio dei Borghi della Presolana sono anche un valore aggiunto per il turismo, grazie al contesto in cui sono inseriti. Diversi sono i percorsi e i progetti legati proprio alla valorizzazione di queste zone e dell’esperienza legata alla riscoperta della natura e degli antichi sapori. Dagli agricoltori all’allevamento il problema non cambia. A Cerete Basso, la società agricola Cocchetti Bertolazzi, con le sue oltre 200 vacche, spesso premiate anche nelle mostre zootecniche della zona, due anni fa proprio per effetto della presenza nel fieno di terra contaminata da escrementi di cinghiale aveva perso 6/7 vacche.

Avvistato un esemplare con 6 cuccioli

«Ora le vacciniamo ogni sei mesi, per prevenire che si ammalino e muoiano improvvisamente di clostridiosi - spiega Claudio Bertolazzi che con il fratello e il cugino gestisce l’azienda - ma la presenza dei cinghiali è un problema. Anche i cervi sono numerosi, ogni tanto vengono anche investiti sulla vicina provinciale. E nei mesi più freddi fuori dalla stalla la sera ne vediamo anche una quindicina, tanto che abbiamo cintato il campo coltivato ad erba medica per preservarlo. Tra gli avvistamenti, pochi giorni fa poi abbiamo intravisto vicino al fiume un cinghiale con i suoi 6 cuccioli. Ne catturiamo alcuni con le gabbie fornite dalla polizia provinciale che poi viene allertata, ma sono diversi e danneggiano il terreno». La Val Borlezza è una zona non vocata alla presenza del cinghiale, la speranza è quindi che la situazione migliori pian piano. Qui vi è un sistema di controllo degli esemplari (soprattutto in situazioni di segnalazioni di danni) un’area controllata dagli organi preposti, dalla polizia provinciale al comprensorio alpino val Borlezza, dove quindi vengono effettuati abbattimenti di selecontrollo.

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