Il nuovo Bernareggi alla ricerca di volontari

L’ATTIVITÀ. Il nucleo storico si è ridotto. Il direttore don Davide Rota Conti dopo la riapertura: servono persone capaci di accogliere, dialogare e accompagnare.

Ha riaperto da poche settimane con un volto rinnovato e un’anima ancora più accogliente, intensa. Il «Bernareggi», Museo diocesano di Bergamo, cuore pulsante del patrimonio artistico della Diocesi, è tornato a essere un luogo di incontro e di scoperta, nel segno del suo nuovo motto: «Diamoci del tu.».

Un invito semplice, diretto ma allo stesso tempo profondo, che riassume l’intento di rendere l’esperienza museale non solo una visita, ma una relazione viva tra persone, arte e fede, cuore e anima. Dopo un periodo di chiusura e di trasformazione, il Museo si presenta oggi con spazi rinnovati e un modo nuovo di raccontare la storia della Chiesa di Bergamo, offrendo un itinerario nella bellezza che va da Lorenzo Lotto a Giacomo Manzù (a Palazzo vescovile, accuratamente restaurato, sono presenti circa settanta opere d’arte) e si estende in quattro luoghi straordinari: l’Antica Cattedrale, il Palazzo vescovile con l’Aula Picta, il Battistero e l’Oratorio di San Lupo.

Il numero si è ridotto

«Ci piacerebbe che ciascuno sentisse il Museo un po’ come casa propria -aggiunge don Rota Conti -. Qui custodire non significa solo vigilare, ma partecipare, valorizzare, trasmettere»

Ma la novità di questa fase non riguarda soltanto la comunità e i visitatori, i luoghi e le opere esposte. Il «Bernareggi», infatti, è alla ricerca di nuovi volontari. «Abbiamo sempre avuto un nucleo di persone molto attive e appassionate - racconta don Davide Rota Conti, direttore del Museo diocesano Adriano Bernareggi e dell’Ufficio beni culturali della Diocesi -. Poi, un po’ per via della pandemia e un po’ per la chiusura dovuta ai lavori, il numero si è ridotto. Oggi siamo quindi alla ricerca di persone che abbiano voglia di mettersi in gioco». Non semplici «custodi delle sale», ma veri e propri ambasciatori del Museo, «capaci di accogliere, dialogare, accompagnare i visitatori e accendere la loro curiosità, in un’esperienza condivisa», prosegue. Qualcuno che sappia trasmettere la meraviglia e la ricchezza del tesoro esposto, sappia fare proprio quel “Diamoci del tu”. e far sentire chi entra parte di un luogo vivo, «dove la relazione è importante quanto le opere»: «Ci piacerebbe che ciascuno sentisse il Museo un po’ come casa propria -aggiunge don Rota Conti -. Qui custodire non significa solo vigilare, ma partecipare, valorizzare, trasmettere».

Imparare storie e dettagli

Il Centro di servizio per il volontariato di Bergamo, già in queste settimane, ha collaborato a questo percorso

L’idea è quindi costruire un team di volontari, all’interno del quale ognuno possa sentirsi valorizzato, dove imparare storie e dettagli nuovi, dove stringere relazioni autentiche e contribuire concretamente a far vivere un patrimonio straordinario. Sul lato più concreto, non è necessario essere esperti d’arte o guide turistiche. Si può essere pensionati o lavoratori. Si richiede passione, un po’ di tempo e la voglia di essere parte di qualcosa di significativo. Bastano una mattina o un pomeriggio a settimana, o anche solo una o due volte al mese. Gli interessati potranno candidarsi sul sito del Museo Bernareggi (www.ilbernareggi.it), compilando l’apposito modulo. A un primo momento conoscitivo seguirà un accompagnamento per i volontari. Il Centro di servizio per il volontariato di Bergamo, già in queste settimane, ha collaborato a questo percorso.

Gli interessati potranno candidarsi sul sito del Museo Bernareggi (www.ilbernareggi.it), compilando l’apposito modulo.

Il nuovo gruppo andrà quindi ad aggiungersi al nucleo storico, in continuità quindi, «anche in questo caso, con il punto e virgola scelto per accompagnare il nome, il logo e i primi passi del nuovo Bernareggi – continua don Rota Conti -, perché non chiude ma, al contrario, sospende. È un ponte». Il Museo, in questa nuova visione, è infatti uno spazio di dialogo e di crescita, più che una «semplice» esposizione. Un luogo dove il passato dialoga con il presente, dove l’incontro umano è parte integrante dell’esperienza spirituale e religiosa. I nuovi spazi, con opere che tornano nel cuore di Bergamo grazie ai prestiti, lo splendore dell’Aula Picta finalmente evidente e la storia stratificata del Palazzo vescovile che fa capolino fra antichi affreschi e leoni veneziani, parlano di un Museo che vuole aprirsi, includere, raccontare. Chi entrerà non troverà solo quadri e sculture, calici e preziose miniature, ma vivrà storie di devozione e fede, arte, incontri ed emozioni. Sarà quindi un’esperienza arricchente sia per chi visita, sia per chi decide di donare il proprio tempo, facendo del Museo non un luogo distante e inaccessibile, ma una vera e propria comunità vivente, vibrante.

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