Si ricostruisce la Croce di Cevo
I genitori: «Non intitolatela a Marco»

Se a Cevo hanno voluto ricostruire la Croce di Job, che almeno non sia nel nome di Marco. È il pensiero di Luciano Gusmini e Mirella Collini, i genitori del giovane animatore dell’oratorio di Lovere rimasto schiacciato dal manufatto crollato il 24 aprile 2014.

A riferirlo è il loro avvocato, Valentino Imberti, che li ha seguiti nella fase preliminare del procedimento giudiziario, sfociata in un risarcimento da 700 mila euro che andranno in beneficenza. Da alcuni giorni, sul dosso dell’Androla, la nuova Croce è tornata a svettare. Rispetto a quella crollata, che era in legno, questa è in acciaio corten.

I genitori di Marco Gusmini non vogliono mettersi di traverso alla velocità con cui la comunità di Cevo ha scelto di ricostruire il monumento, spendendo 330 mila euro, «ma mi hanno chiesto di spiegare pubblicamente – spiega il legale – qual è la loro posizione». A fronte delle voci, più o meno ricorrenti, che arrivano dalla Valle Camonica e che vorrebbero la nuova croce dedicata proprio al giovane loverese, «Luciano Gusmini e Mirella Collini – dichiara l’avvocato Imberti – chiedono che la nuova Croce non sia dedicata alla memoria di Marco: temono che questa eventuale intitolazione possa apparire come un atto dovuto e come un indennizzo nei loro confronti, quando invece la realtà è che Marco non c’è più e la sua assenza è avvertita con dolore e tristezza ogni giorno».

In più, i genitori del ragazzo loverese «non parteciperanno a nessuna cerimonia di inaugurazione, se mai ne verrà organizzata una». Infine «la loro richiesta che tutte le persone inizialmente indagate siano rinviate a giudizio, perché in qualche modo corresponsabili con la loro negligenza nell’aver determinato il crollo, richiesta peraltro accolta dal giudice che ha disposto un supplemento di indagini, è determinata dalla chiara volontà di ottenere giustizia, ma non nei termini dell’eventuale pena bensì per una esigenza di verità». E la decisione di realizzare una nuova croce, in acciaio corten e sotto la quale non si potrà sostare, «appare come una beffa perché se queste precauzioni fossero state prese prima, Marco sarebbe ancora con loro».

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