Contattati in chat e poi ricattati con filmati
Nove persone finite in carcere

Operazione dei carabinieri di Zogno. Gli uomini venivano adescati on line e filmati durante incontri a sfondo sessuale con giovani che si fingevano minorenni. Poi scattava l’estorsione: paga o pubblichiamo le immagini. Sborsati fino a 16 mila euro.

Importante operazione messa a segno nella mattinata di venerdì 24 gennaio dai carabinieri della Compagnia di Zogno, che hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Monza a carico di nove giovani, ritenuti gravemente indiziati di almeno tre gravi e reiterati episodi di estorsione commessi ai danni di altrettante vittime in diversi comuni della provincia monzese (Busnago, Vimercate e Lesmo). L'operazione che ha portato agli arresti è scaturita dalla denuncia di un bergamasco. In cella sono finiti sette italiani, un albanese e un macedone, tutti fra i 20 e i 22 anni, a esclusione di un quarantaseienne.

I nove indagati facevano parte – stando alle contestazioni – di un sodalizio delinquenziale che, dal mese di febbraio al mese di maggio 2019, ha pianificato in almeno due occasioni delle estorsioni a sfondo sessuale nei confronti di uomini, adescati appositamente in chat. Il reato consisteva nel minacciare la pubblicazione delle videoriprese degli incontri tra le vittime e le «esche», istruite per fingersi minorenni, paventando così ingiustificato timore per le conseguenze, che evidentemente avevano l’intento di provocare gravi ricadute in ambito familiare e sociale a seguito della pubblicazione delle immagini dell’incontro omosessuale. Timori, nella realtà ingiustificati, che spingevano le vittime a rinunciare a sporgere denuncia per quanto accadeva ai loro danni anche perché venivano ossessionate circa le gravissime conseguenze giuridiche che avrebbero, ingiustificatamente, dovuto affrontare. Secondo le minacce proferite, queste immagini sarebbero state pubblicate (tramite manifesti e nei social media) se le stesse vittime non avessero soddisfatto le richieste economiche del gruppo.

La richiesta di denaro veniva corroborata da continue minacce di gravi conseguenze personali e giudiziarie, in quanto gli indagati millantavano conoscenze in ambito sia delle Forze di polizia che della criminalità organizzata. Le minacce, che venivano compiute oltre che telefonicamente anche di persona dagli stessi presunti estorsori presso le abitazioni delle vittime, acquistavano una connotazione sempre più pressante e molesta, tanto da obbligare le persone offese a consegnare somme complessive, tra contanti e assegni bancari, per oltre 16.000 euro.

Uno degli episodi contestati ha avuto come vittima una donna, conosciuta da parte dei componenti del sodalizio in questione. Questa aveva commesso l’errore di affidarsi agli indagati per far avere la patente di guida al figlio. Gli indagati, infatti, avevano ostentato conoscenze nella criminalità organizzata napoletana, convincendo la donna a consegnare denaro al fine di fornire il documento richiesto tramite canali illegali. La situazione ben presto si è tramutata in un crescendo di minacce anche di morte, sia nei confronti della vittima che del figlio, spingendo la donna terrorizzata a versare nelle tasche dei delinquenti una cifra superiore agli 80.000 euro.

Gli indagati, al fine di rendere complicata la propria identificazione, utilizzavano sistemi di messaggistica telefonica non convenzionale e si spostavano con veicoli di proprietà di persone estranee alla vicenda. Le accortezze adottate, tuttavia, non hanno evitato che i militari si mettessero sulle loro tracce, partendo dalle testimonianze delle vittime, alcune delle quali per vergogna e timore non avevano mai denunciato il fatto. L’attenta ricostruzione dell’organigramma del gruppo criminale è stata resa possibile dall’analisi dei sistemi di videosorveglianza dei luoghi di ritrovo, dall’intercettazione di conversazioni ambientali e dallo studio del traffico telefonico tra gli indagati.

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