L’artista che scrive le storie sulle pietre
Remo ha trasformato una strada di Albino

Via Piazzo è una piccola strada che si snoda ai piedi del monte Cereto, appena fuori dal caos cittadino di Albino. Si narra che, ai margini del bosco, viva un’artista che dialoga con le pietre, che dà loro un’anima. Lo si scorge già da lontano, seduto su di un piccolo sgabello davanti a un lungo muro.

Remo Ponti, questo il suo nome, è al lavoro. Con la mazzetta vibra con forza alcuni colpi sullo scalpello per dare forma all’ennesima opera d’arte su un grosso masso. Dopo le presentazioni il signor Remo, classe 1938 ed originario di Cavernago, si toglie gli occhiali che utilizza per proteggersi dalle schegge che si sfaldano dai sassi.

«Io alle pietre ci parlo perché trasmettono sensazioni, raccontano le storie delle tante persone che hanno visto passare lungo questa strada. Il mio lavoro vuole essere un omaggio ai vecchi contadini che in questi prati hanno faticato, falciato l’erba o le hanno ruzzolate con le loro mani callose per farne un muro di sostegno. Non bisognerebbe mai dimenticare di rendere omaggio a chi ha speso energie e fatto sacrifici per conquistare qualcosa da lasciare in dono alle generazioni future».

Remo prende fiato, osserva per l’ennesima volta il “suo muro” e, indicandolo con la mano destra, lancia una profezia.

«Se anche dovesse crollare, o subire l’usura del tempo, le pietre saranno indistruttibili e testimonianze eterne per quanti passeranno di qua». I massi scolpiti non hanno una distribuzione uniforme all’interno del muro; alcuni sono più vicini, quasi si toccano, altri distanziati tra loro da qualche piccola pietra rimasta intonsa.

Nella descrizione che Remo fa delle sue sculture traspare come il denominatore comune sia il continuo confronto tra l’animale e l’uomo o, per meglio dire, dei numerosi tentativi di quest’ultimo di emulare le gesta di uccelli, pesci o animali domestici. Confronto, però, in cui la parte del cattivo spetta sempre all’uomo poiché modifica, storpia e deturpa il mondo per ricavarne solo benefici economici.

Remo è un’artista versatile perché incide e lavora marmo e ferro nonché il legno delle radici contorte delle piante che il fiume Serio ha trascinato con sè nelle ondate di piena. E poi ancora. Attrezzi edili, martelli, punteruoli o modelli unici di fucili e pistole.

«Ho iniziato da piccolo, con mio padre artigiano. Sistemavamo orologi di campanili, cancelli, portoni, macchinari industriali, nonché motori di automobili o trattori agricoli. L’idea del muro è invece molto recente, datata settembre 2013, grazie alla vicinanza a casa mia ed alla possibilità di lavorare seduto».

Ad oggi ne ha scolpite 837. «Questa – dice mostrandola non la mano- è la numero 777 poiché rappresenta un aereo, ovviamente un Boing 777». Di ogni opera ricorda i minimi dettagli, del perché ha scolpito un forellino piuttosto che un cerchio o uno spuntone. Ai margini del muro ha inciso due volti, orientati tra di loro in modo che “possano vedersi e nel contempo vegliare” su tutte le sculture tra loro interposte.

Ogni tanto transita un’escursionista che, in prossimità del muro, rallenta il suo passo e lo osserva interessato. Remo si avvicina, scambia qualche battuta e spiega orgogliosamente il significato dell’opera che sta portando a termine.

Mentre il sole inizia a tramontare sul monte Cereto Remo ripone gli attrezzi nel suo zainetto raccontando delle varie visite che riceve. «Una giornalista scozzese è venuta due volte ma di recente è arrivato anche un messicano che era in Italia per un’escursione sul Monte Bianco. La soddisfazione più grande, però, è quando alcune scuole mi hanno chiamato per raccontare l’arte della scultura».

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