«Mio padre e quel presepe
che mi riempie il cuore»

Una nostra lettrice riflette sul senso del Natale in quest’anno di pandemia, traendo spunto da un presepe fatto con il cuore.

Buongiorno direttore, avrei piacere di condividere con voi alcune riflessioni che facevo in questi giorni. Settimana scorsa rincasando dal lavoro, dopo una giornata all’insegna dei distanziamenti, delle restrizioni, dell’appiattimento sociale a cui stiamo assistendo da un po’ di tempo a questa parte ho sorpreso mio padre in giardino tra legna, sega e martelli.Ho capito subito che si stava preparando a costruire il tradizionale presepio. Inaspettatamente questa scena che in tempi diversi sarebbe stata quasi scontata, mi ha toccato il cuore. Mio padre ha 76 anni e vederlo fuori al freddo (abitiamo a Selvino) chino a lavorare con la passione che lo contraddistingue mi ha riempito il cuore di gratitudine verso di lui, che ancora ci regalerà un bellissimo presepe curato nei minimi dettagli e sempre ricco di sorprese, ma allo stesso modo mi ha fatto provare tanta tristezza...

...perché il mio pensiero è andato all’intera generazione che questa primavera ci ha lasciato. Il Natale è la festa nella quale le mancanze si fanno sentire ancora di più e in questo Natale saranno molte le persone care che mancheranno all’appello. In questo periodo l’assenza degli affetti è più dura da sopportare; in quante case ci saranno posti vuoti a tavola e magari ci sarà anche qualche presepe in meno visto che di solito sono i nonni che mantengono vive certe tradizioni.

Quante prove abbiamo dovuto affrontare, quanto dolore, quanto sgomento, quante domande ci siamo posti senza riuscire a trovare una risposta. I nostri nonni forse non ci sono più ma quanto amore ci hanno lasciato, quanti insegnamenti, quanto esempio. Loro ci tenevano al presepe, quello con il muschio e le montagne di gesso, quello con l’acqua che scorre e le luci che si accendono alternandosi nelle casette dove sono poste con tanta cura le statuine. Ho sentito in tv che quello che si avvicina sarà un Natale più sobrio, sotto tono e che forse perderà un po’ della sua magia con meno regali, meno illuminazioni, meno cenoni. Non sono d’accordo, forse il tempo rallentato e la sobrietà a cui siamo costretti ci aiuteranno per una volta a vivere il vero significato del Natale che non è magia ma è la vita vera, quella vissuta in modo autentico giorno per giorno.

Forse quest’anno senza le distrazioni del vortice commerciale in cui solitamente siamo risucchiati in questo periodo riusciremo a soffermarci davanti al presepio e forse riusciremo davvero a vederlo quel bambino nel presepio. E il nostro pensiero andrà a tutti coloro che non ci sono più ma che ci hanno insegnato il significato vero del Natale, quello del dono, con l’esempio di una vita vissuta dedicandosi alla famiglia. Forse quest’anno chini ad ammirare i particolari ben curati di un presepio indugeremo un po’ di più su quel bambino adagiato in una mangiatoia e troppo spesso dimenticato e forse proprio lì riusciremo a trovare le risposte alle nostre domande. Forse quest’anno il Natale sarà davvero Natale, quello che ci riporta ai valori veri, quello che ci richiama all’importanza di farsi dono per gli altri e tutto questo grazie ad un piccolo presepe costruito con il cuore da un nonno che a certe cose ci crede ancora.

Paola Grigis

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