Bulgaria, «il Paese delle rose»
Ma c’è anche Orfeo e i re di Tracia

Un piccolo Paese come la Bulgaria che occupa solo il 2% della superficie dell’Europa, ma con la più vasta area di coltivazione delle rose rispetto ai paesi vicini e lontani, può a buon diritto essere chiamato il «Paese delle rose».

Un piccolo Paese come la Bulgaria che occupa solo il 2% della superficie dell’Europa, ma con la più vasta area di coltivazione delle rose rispetto ai paesi vicini e lontani, può a buon diritto essere chiamato il «Paese delle rose» e andarne fiero senza timore che il primato e il titolo di merito possa essere usurpato dalla concorrenza. E su questo primato e titolo potrebbe - e dovrebbe - fondare la sua forza di attrazione. Invece…

Invece le rose ci saranno come dicono i dati della produzione, i campi a perdita d’occhio pure, i raccoglitori in azione, il festival delle rose in agenda, ma a fine maggio/inizio giugno in tutta la Valle delle Rose tra Karlovo e Kazanlak questa apoteosi della natura che avremmo immaginato magnifica, appariscente, prepotente addirittura, non gratifica il viaggiatore che percorra quei 70 km (ma 250 da Sofia) per la sua attesa full immersion nel mondo delle rose. Abituati come siamo ad un marketing aggressivo e alla prepotenza di ogni forma di comunicazione, rischiamo così di scavalcare il «roseto d’Europa» arrivando a fine percorso - Kazanlak appunto – senza aver trovato un cartellone stradale che rassicuri «qui siete nella Valle delle Rose», uno striscione all’ingresso della città che annunci il suo festival annuale di inizio giugno.

E’ discreta la Bulgaria e si fa i suoi affari nel business delle rose esportando il 70% della produzione mondiale di olii essenziali. I petali delle rose ben fiorite vengono raccolte a mano (per non distruggere i boccioli) all’alba, nel fitto fogliame degli arbusti fittissimi quando nessuno è in giro, poi quintali di petali insaccati finiscono in piccole aziende di dimensioni poco più che familiari, in distillerie che sembrano bagni turchi dalla quantità di vapore che vi circola. Ultima tappa il confezionamento di olii preziosi, distillati, prodotti cosmetici. E i pochi turisti che scorrazzano nel Paese vadano pure a crogiolarsi sulle spiagge del Mar Nero o restino ben protetti nel centro storico della capitale dove il profumo delle rose non arriva o meglio arrivano i prodotti già confezionati e pronti per gli scaffali della distribuzione. Pochi saranno così determinati da concedersi il lusso di procedere lenti zigzagando per trovare una distilleria dove capire come accade che con ben 3 kg di petali di rosa rossa di Kazanlak - o addirittura 5 kg della varietà bianca «damascena» - raccolti da mani delicate per lo più femminili si estragga un solo grammo di olio essenziale di rosa che vale oro, in senso letterale dato che sul mercato viene pagato intorno ai 6000 €/kg.

Ma la pazienza premia e Rosa Damascena- una piccola distilleria con museo etnografico annesso - appare infine nel villaggetto di Skobelevo a pochi chilometri a ovest di Kazanlak. Ha lo stesso nome di una delle varietà di rose bianche più pregiata e famosa, importata da Damasco nel secolo XIII. Ma la storia delle procedure della distillazione, degli apprezzamenti da parte delle più famose profumerie delle capitali europee, della presenza della rosa nelle monete trace, nella storia greca, nella vita dei romani (che erano ghiotti di vino e di budino di rose e si sollazzavano in vasche di vino di rose) viene più efficacemente incontro nel Museo della Rosa di Kazanlak. E’ questo un luogo gradevole alla periferia della città, sulla strada per Shipka, ben allestito con documenti e foto di archivio e vecchi distillatori dalla buffa sagoma somigliante ad una grossa testa umana con un lungo naso. All’aperto un bel «rosarium» come chiamavano i romani il giardino di rose e in una palazzina a fianco i laboratori dell’Istituto di ricerca sulla medicina erboristica.

E qui la storia della Bulgaria bucolica prende un’altra pista. La racconta Paolo Mazzarello nel suo libro L’erba della regina. Anche questa storia porta vicino a Kazanlak e alla sua nomea come città delle rose, precisamente nel villaggio di Shipka dove nella prima metà del secolo scorso visse un raccoglitore e guaritore talentuoso. Si chiamava Ivan Raev ed era a sua volta figlio di un raccoglitore. Ma di cosa? Non di rose, le quali, oltre ad un effetto tonificante e leggermente afrodisiaco, non entrano tuttavia nella farmacopea. Raev raccoglieva foglie e bacche della «atropa belladonna», una pianta dalle bacche come mirtilli che in Bulgaria cresce spontanea e vigorosa e, come le rose, veniva raccolta con rituali quasi sacri. Con i decotti di belladonna e dosaggi messi a punto con vari esperimenti Ivan Raev girava il suo paese e guariva soprattutto coloro che venivano colpiti da una malattia degenerativa gravissima che impazzò a cavallo tra le due guerre. Raev non era il solo guaritore ambulante e la medicina bulgara, che già nei secoli passati si era distinta per accuratezza della ricerca, efficacia delle cure e scambio di vedute con l’occidente, non snobbava la sapienza contadina e le piante medicinali, come è accaduto per la nostra scienza medica, ma la includeva nelle sue prassi terapeutiche. Fu così che la fama di Raev giunse alla nostra regina Elena di Savoia, in origine principessa di Montenegro poi moglie di Vittorio Emanuele III, che volle conoscerlo e far testare il suo metodo in Italia.

La belladonna nei dosaggi predisposti da Raev fu oggetto allora di importazione programmata e di importanza questa volta salvifica e dunque ancora più preziosa dell’olio di rosa bulgara o damascena. Ecco perché è anche chiamata - come suggerisce il titolo del libro di Mazzarello - l’erba della regina. Vale la pena allora girare la Bulgaria andando per i suoi boschi, le sue vallate, le sue montagne, seguendo il filo d’Arianna delle sue piante e fiori e acque curative e personaggi che hanno fatto del Paese il «roseto d’Europa». L’ispirazione verrà anche girando nella capitale Sofia dove, in mezzo alla nuova prorompente edilizia di stampo occidentale, la natura non appare per niente doma, anzi si prende la sua rivincita entrando nei larghi viali e nelle stradine come spinta da una forza vitale incontrastabile. Si potrebbe incontrare ancora Orfeo entrando nel folto? (Orfeo era trace, bulgaro insomma). In Bulgaria le memorie storiche sono appena sotto la crosta delle pavimentazioni urbane o sotto le zolle che ricoprono collinette e vallate. Una vera manna per gli archeologi dell’era romana e trace che data finanche a cinque millenni prima di Cristo. Tra le rose, appena discoste e ancora troppo sommessamente segnalate, ci sono tombe trace che regalano visioni ed emozioni sottili.

Il Museo delle rose a Kazanlak, si trova fuori città, in Osvobojdenie blvd, 49, che prosegue come strada N°5 per Shipka

La distilleria Damascena con esposizione etnografica si trova a Skobelevo,

Negozio di Torino, La bottega golosa delle rose, Via Mazzini 26, [email protected]

foto di Ada Grilli

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