Un anno fa Bergamo ha voltato pagina nella gestione della continuità assistenziale. Al posto della vecchia Guardia medica, è arrivata la Centrale Unica, frutto di una regia congiunta tra Regione Lombardia, Areu, Ats e le tre Asst bergamasche. Un progetto nato non senza ostacoli, soprattutto per la scarsità iniziale di medici, ma che oggi mostra numeri capaci di raccontarne la portata.Dal quartier generale di Dalmine, la Centrale ha gestito in dodici mesi oltre 81mila chiamate al numero europeo 116117, con una media di 127 nei feriali e quasi 440 nei festivi. Il tempo medio d'attesa si è fermato a 12 minuti, e quasi la metà delle richieste ha trovato risposta immediata grazie alla consulenza a distanza, senza la necessità di spostarsi da casa.L'altro pilastro resta l'attività ambulatoriale: il 40% dei casi si è tradotto in visite nei punti di continuità assistenziale o negli hotspot infettivologici. Solo l'8% dei pazienti è stato indirizzato al pronto soccorso, mentre una piccola parte ha richiesto l'intervento del 118 o la visita domiciliare.Il bilancio complessivo parla di 165.739 prestazioni erogate dai medici in un anno, dalle telefonate alle visite, fino alle prescrizioni urgenti e ai certificati di malattia, che da soli rappresentano quasi la metà degli interventi.Il servizio di Paola Abrate e Emanuela Scotti
Un anno fa Bergamo ha voltato pagina nella gestione della continuità assistenziale. Al posto della vecchia Guardia medica, è arrivata la Centrale Unica, frutto di una regia congiunta tra Regione Lombardia, Areu, Ats e le tre Asst bergamasche. Un progetto nato non senza ostacoli, soprattutto per la scarsità iniziale di medici, ma che oggi mostra numeri capaci di raccontarne la portata.Dal quartier generale di Dalmine, la Centrale ha gestito in dodici mesi oltre 81mila chiamate al numero europeo 116117, con una media di 127 nei feriali e quasi 440 nei festivi. Il tempo medio d'attesa si è fermato a 12 minuti, e quasi la metà delle richieste ha trovato risposta immediata grazie alla consulenza a distanza, senza la necessità di spostarsi da casa.L'altro pilastro resta l'attività ambulatoriale: il 40% dei casi si è tradotto in visite nei punti di continuità assistenziale o negli hotspot infettivologici. Solo l'8% dei pazienti è stato indirizzato al pronto soccorso, mentre una piccola parte ha richiesto l'intervento del 118 o la visita domiciliare.Il bilancio complessivo parla di 165.739 prestazioni erogate dai medici in un anno, dalle telefonate alle visite, fino alle prescrizioni urgenti e ai certificati di malattia, che da soli rappresentano quasi la metà degli interventi.Il servizio di Paola Abrate e Emanuela Scotti