Nella Silicon Valley
tra elettronica
e lasagne

La prima cosa che hanno fatto quando hanno portato per la prima volta a Martinengo la loro piccola Sophie, lo scorso marzo, è stato andare al mercato del martedì: affollato, vivace, tipico nelle sue peculiarità locali, in quella consuetudine del ritrovarsi in un luogo dove «tutti conoscono tutti».

Antonio Manenti e Karen Del Carro da cinque anni vivono negli Stati Uniti. Entrambi del paese della Bassa bergamasca, 34 anni lui e 32 lei, Karen ha seguito Antonio, arrivato nella Silicon Valley per lavoro, e sta cercando di reinventarsi una professione all’insegna del cibo italiano. «Ci conosciamo da quando siamo ragazzini – racconta Antonio –. Eravamo adolescenti e Karen era in classe con mio fratello minore alle Medie. Abbiamo da sempre frequentato le stesse scuole, le stesse strade, lo stesso oratorio. Tutta la nostra infanzia e giovinezza si sono sviluppate in un raggio di tre chilometri».

La classica storia d’amore nata ai tempi della scuola che non è mai finita, con il guizzo tecnologico di Antonio che ci mette lo zampino: «E pensare che io volevo vivere nella Bergamasca e fare il muratore, proprio come mio padre – racconta Antonio –. Alla fine della scuola media la mia famiglia mi ha praticamente obbligato a proseguire con gli studi. A quel punto ho scelto l’Istituto Pesenti: mi sembrava il più “tecnico” e vicino alle mie predisposizioni. Anno dopo anno sono andato avanti, stimolato dalla famiglia e dagli insegnanti». Tanto da arrivare al Politecnico di Milano e diventare ingegnere elettronico: «Già che c’ero ho proseguito anche con il dottorato – sorride Antonio –, e sono finito pure nell’Ohio per nove mesi per lavorare in Università».

Nel frattempo Karen si diploma in Ragioneria e inizia la carriera in banca, con un impiego all’Ubi dal 2008: «Ho iniziato nella filiale di Orio al Serio, all’interno dell’aeroporto. Qualche trasferimento, tanta esperienza, e sono arrivata a occuparmi del settore “Prestiti e Mutui” nella filiale di Telgate». Anche Antonio inizia a lavorare: progettista elettronico nel Varesotto, approda a Milano nel 2012 per una grande azienda di consulenza: «Ci siamo trasferiti a Romano, per la fermata del treno che era fondamentale per raggiungere i nostri impieghi» commenta Antonio, anche se la vita da pendolare non fa per lui e per una qualità della vita di una giovane coppia con ancora tanto da scoprire. «Così tanto che all’inizio del 2013 un collega italiano conosciuto al Politecnico mi segnala che a Fremont, a un’ora da San Francisco, un’azienda di semiconduttori cerca personale».

Antonio riparte così per l’America e questa volta per non ritornare più: «Ma prima io e Karen ci sposiamo – sorride –. Tutto molto velocemente, tutto con l’entusiasmo di una nuova vita che ci attende». Al plurale perché dopo solo tre mesi parte dall’Italia anche la giovane bergamasca. La coppia va a vivere prima a Mountain View, dove c’è la sede di Google, in piena Silicon Valley e qui inizia la sua vita americana. «L’azienda di Antonio viene acquisita da una società ancora più grande e poco dopo ci trasferiamo a San Jose» spiega Karen che inizia nel frattempo ad ambientarsi: «Subito frequento una scuola per imparare meglio la lingua, faccio gruppo con la comunità italiana e soprattutto cucino tantissimo» spiega la bergamasca che mai avrebbe pensato di trasformare la sua passione per il cibo italiano in un progetto di vita: «Per trovare una mia dimensione e perché la cucina è stato il mio modo per creare una rete di relazioni. Ci si incontra e si mangia insieme e si scopre che il cibo italiano è un valore aggiunto».

Da qui l’idea: «Con altre due italiane, Caterina Trucco e Gisella Alfieri Sabattini, di Milano, ho avviato da poco un progetto imprenditoriale con un marchio che ci permetterà di vendere cibo italiano: si chiama “Sugo” e partiremo con le lasagne». Da poco è on line il sito web www.sugo.space con tre ricette: tradizionali, vegetariane e vegane, per far innamorare gli americani della cucina italiana: «Sicuramente rispetto ad Antonio, una volta trasferita qui ho dovuto capire cosa fare della mia vita – spiega –: il mondo bancario americano è completamente differente dal nostro e ho deciso di partire da una passione, di osare con un sogno nel cassetto». Karen ora sta cercando una cucina professionale e nei progetti c’è l’idea di vendere alle aziende on line, nei piccoli mercati e di sfruttare il tanto usato servizio dei «pick-up point, spazi dove le persone ritirano il cibo che hanno ordinato sul web».

Il tutto condito con la bella notizia di una bambina, Sophie, nata cinque mesi fa: «Lo scorso 30 ottobre e proprio lo scorso mese l’abbiamo portata a Martinengo per conoscere i nostri genitori e tutti gli amici – racconta la coppia –. Ora che siamo tornati in California, e soprattutto ora che abbiamo una bambina, ci rendiamo conto di quanto siano importanti i nonni».

E ci sono novità anche per Antonio, sempre alle prese con l’elettronica e i sistemi informatici più sofisticati: da alcune settimane è stato assunto da Apple, direttamente negli uffici di Cupertino. Top secret il suo ruolo all’interno della famosa azienda, presto la famiglia bergamasca si trasferirà a Cupertino. «Non potrei rinunciare alle opportunità di lavoro che ci sono in Silicon Valley, ma anche a tutti i vantaggi correlati: posso andare al lavoro a piedi e non in un’ora e mezza con il treno che prendevo per Milano». Niente vita da pendolare tra ritardi e cancellazioni: «Nonostante il lavoro si prenda gran parte della giornata, ho parecchio tempo libero per giocare con Sophie, fare passeggiate, godermi la California». E in particolare San Francisco che Karen ama alla follia: «Amo questa vita all’aperto, le corse nei parchi, le partite di tennis nei campi pubblici e gratuiti, le lunghe spiagge californiane e il suono dell’oceano. E poi c’è San Francisco: ancora dopo cinque anni di perlustrazione ci regala angoli nuovi e nuove emozioni ogni volta che la viviamo. Non potrei di certo rinunciare all’idea di crescere nostra figlia in un ambiente multiculturale, senza discriminazioni e all’insegna della meritocrazia». Che hanno vissuto sulla loro pelle: «Ci siamo guadagnati un pezzo di questa America e grazie sicuramente all’umiltà e all’attitudine al rimboccarsi le maniche che ci hanno insegnato le nostre famiglie - spiega la coppia -. Veniamo entrambi da famiglie di gran lavoratori che ci hanno insegnato che niente viene regalato e tutto va guadagnato con impegno e fatica. E così abbiamo fatto, all’inizio non è stato facile. Vivevamo in un monolocale, guidavamo un’auto vecchia di 17 anni e avevamo solo un divano e un letto. Poi, un passo alla volta, ci siamo ricostruiti una vita».

Qualche trasloco in questa grande America: «Che ogni tanto però ci sta stretta, nel senso che è svuotata da quel mondo prettamente italiano di affetti, relazioni, abitudini - spiega la coppia -. Della nostra terra ci manca lo stile di vita, quelle cose che erano la normalità nella “vecchia vita”». E il pensiero va per esempio alle feste di paese estive «dove puoi trovare tutto il paese che mangia sotto lo stesso tendone», commenta Antonio, le passeggiate al lago e in Città Alta «con il solo scopo di fare una passeggiata - spiega Karem -. Qui tutti hanno sempre uno scopo, una meta, non c’è quel senso di “vagabondare per godersi semplicemente la bellezza del momento» spiega la bergamasca. E ovviamente ai due manca il mercato del martedì a Martinengo: «Con caffè, cornetto e “L’Eco” al bar» sorridono e ripensano alle chiacchiere al bancone con gli amici dell’infanzia, i volti che li hanno visti crescere. poi ancora: «Riflettendoci, una delle cose che io e Karen notiamo spesso è l’assenza degli odori “di casa” - continua Antonio -. Sia quelli buoni come il pane appena sfornato, la polenta, i fiori in primavera sia quelli meno buoni come i campi concimati della Bassa, lo smog... ma anche questo e’ parte della nostra storia». perchè in Silicon Valley tutto è grande: «Tutto si disperde: i campi sono lontani e la maggior parte della produzione alimentare è industriale». per ovviare a questi ci penserà Karen, con le sue lasagne. «Resta un’altra nostalgia - concludono -: ci mancano le... quattro stagioni. Dove siamo noi è sempre primavera: mai troppo caldo, mai troppo freddo ed è sempre soleggiato». Il lettore è perplesso? «Sappiamo che poteva andarci peggio, ma le giornate invernali in famiglia davanti al camino sono un pezzo della nostra storia».

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