«Mai così lontani, ma per Natale
sarò a un millimetro dal vostro cuore»

«Mi chiamo Michael Bettoni, ho 33 anni, sono figlio di emigranti bergamaschi originari di Vigolo. I primi anni della mia vita li ho vissuti a Vigolo, in provincia di Bergamo, un paesino di montagna, vero balcone sul lago d’Iseo, il paesello che porto tuttora nel cuore. La vita mi ha poi portato lontano da quel luogo tanto amato, a 18 anni mi sono trasferito in Irlanda dove ha incominciato la mia prima esperienza da emigrante in un fast food. Quando ero in Italia ero un imbianchino, anche se negli ultimi due anni prima della mia partenza sono stato autista privato nella ditta di mio padre Evaristo. Oggi invece, è mia sorella Celeste che continua a gestire la ditta. Sono arrivato in Australia all’inizio del 2012, dopo aver preso informazioni all’Ente bergamaschi nel mondo dall’allora direttore Massimo Fabretti: il mio progetto era di fare solo un’esperienza e non avevo in programma di fermarmi così a lungo...»

Pubblichiamo la lettera giunta in redazione di uno degli oltre 50 mila bergamaschi nel mondo che in questa pandemia non potranno fare rientro a Bergamo per le festività natalizie. Il Natale, soprattutto per chi vive all’estero, è sempre un’occasione per ricongiungersi: di solito per chi abita, diciamo così, più vicino, dentro i confini europei, è più facile prendere un volo low cost e rientrare per salutare nonni, genitori, nipoti e amici in terra bergamasca. Per chi vive più lontano, come Michael Bettoni, 33 anni, originario di Vigolo, tutto si complica. In questo Natale così particolare poi, segnato in tutto il mondo dal pericolo del coronavirus, chi si trova all’estero, si sente, se possibile, ancora più lontano dai propri cari. Ecco perché, attraverso la pagina di «Bergamo senza confini», che da tanti anni dà spazio sul nostro quotidiano ai racconti di vita di chi è emigrato all’estero, vogliamo riportare la lettera di Mike, emigrato in Australia, a Perth. «In quest’anno difficile, come non mai, sono dispiaciuto di non poter trascorrere il Natale con la mia famiglia ma anche virtualmente gli sono sempre vicino a un millimetro dal cuore» scrive Mike, in Australia dal 2012 con la moglie Grace. Il suo pensiero e il suo augurio di Buon Natale per la sua famiglia bergamasca, simbolicamente unisce, ne siamo certi, l’augurio di tanti altri bergamaschi che vivono all’estero. A Mike ci uniamo nell’augurare a tutti un Buon Natale (quest’anno un po’ distanziato anche per chi vive a Bergamo) e continuiamo a invitarvi a scriverci le vostre storie alla mail: [email protected]

«Mi chiamo Michael Bettoni, ho 33 anni, sono figlio di emigranti bergamaschi originari di Vigolo. I primi anni della mia vita li ho vissuti a Vigolo, in provincia di Bergamo, un paesino di montagna, vero balcone sul lago d’Iseo, il paesello che porto tuttora nel cuore. La vita mi ha poi portato lontano da quel luogo tanto amato, a 18 anni mi sono trasferito in Irlanda dove ha incominciato la mia prima esperienza da emigrante in un fast food. Quando ero in Italia ero un imbianchino, anche se negli ultimi due anni prima della mia partenza sono stato autista privato nella ditta di mio padre Evaristo. Oggi invece, è mia sorella Celeste che continua a gestire la ditta. Sono arrivato in Australia all’inizio del 2012, dopo aver preso informazioni all’Ente bergamaschi nel mondo dall’allora direttore Massimo Fabretti: il mio progetto era di fare solo un’esperienza e non avevo in programma di fermarmi così a lungo.

A leggere in rete le esperienze di alcuni giovani pare che l’Australia sia l’eldorado. Purtroppo non è proprio così. Dopo pochi mesi mi sono messo alla ricerca di un lavoro nelle cosiddette «farms», quasi 90 giorni dedicati alla raccolta di frutta e verdura nei campi di Margaret River e Manjimup (nella regione del South West, ndr). Sicuramente è un’esperienza che ti cambia la vita e che ti permette di prolungare il visto di un altro anno, ma bisogna essere pronti a spaccarsi la schiena, sudare, lavorare con tutte le temperature possibili, al caldo e al freddo, dormire in camper e lavorare anche 12 ore al giorno se necessario.

Ho passato settimane, dividendomi fra lavoro nei campi e conoscenza di un sacco di persone splendide, una moltitudine di culture diverse provenienti da qualsiasi parte del mondo: è qui che ho conosciuto Grace, originaria di Taiwan. Il tempo volava, erano ormai passati due anni senza accorgermene ed ero sempre più convinto della mia permanenza in Australia, così che mi ero ritrovato a voler estendere nuovamente il visto. Nel frattempo ho deciso di prendermi una breve pausa, un “short break”: insieme a Grace abbiamo attraversato in auto la costa da Perth fino a Canberra, dove ho deciso di fermarmi per qualche giorno e rivedere dei cari amici originari anche loro di Vigolo, emigrati parecchi anni prima di me.

Dopo aver attraversato l’Australia siamo partiti sei mesi per Taiwan, dove ho conosciuto la famiglia di Grace, abbiamo girato l’isola alla scoperta di una nuova cultura, visitato templi e vissuto nuove esperienze. Siamo rientrati in Australia e Grace ha avuto una proposta di lavoro a Darwin, nel Northern Territory, il principale punto di passaggio dall’Australia all’Indonesia, tutt’ora abitata da un numero consistente di popolazione aborigena. Tre anni intensi ma, grazie alla nostra determinazione proprio in questo piccolo paesino siamo riusciti ad ottenere la residenza. L’Australia è stato il paese in cui finora ho soggiornato più a lungo, mi ha dato l’insegnamento più grande che potevo ricevere, mi ha dato la possibilità di imparare tanto, provare diversi settori lavorativi e la fortuna di visitare gran parte del continente, dalle metropoli più grandi alle zone sperdute nel deserto, dall’incontro di animali più letali ai famosi canguri dolci e affettuosi, ma soprattutto di incontrare persone meravigliose e di imparare a essere più umile cercando di mettermi sempre nei panni degli altri, di non giudicare perché venivamo da culture diverse.

Resto dell’idea che un emigrante sogni di più il suo ritorno che la sua partenza e che le origini non si scordano mai, o nel mio caso neanche si perdano. Oggi, sono soddisfatto di quanto ho raggiunto finora: ho appena lasciato Darwin da pochi giorni e vi sto scrivendo da Perth, la città in qui desideravo ritornare dopo aver ottenuto la residenza. Quando mi viene chiesto cosa mi manca dall’Italia... Beh, prima di tutto la mia famiglia e i miei amici, poi sicuramente il cibo Italiano. Leggo molto online e sono informato dei diversi problemi che purtroppo il nostro paese sta vivendo, ma vorrei essere positivo e sperare che le cose andranno meglio. In quest’anno difficile, come non mai, segnato anche dalla pandemia che colpisce tutto il mondo, sono dispiaciuto di non poter trascorrere il Natale con la mia famiglia ma anche virtualmente gli sono sempre vicino a un millimetro dal cuore».

© RIPRODUZIONE RISERVATA