«Prendiamo le Seychelles
per la gola con la polenta»

«Importiamo anche la polenta, ma i nostri clienti preferiscono di gran lunga il formaggio grana Zanetti». Ti colleghi con le Seychelles e scopri che in queste isole da tanti agognate come meta vacanziera c’è un bel gruppo di bergamaschi che qui risiede e ha una storia tutta da raccontare.
Tra di loro c’è Carlo Perolari, 53 anni, partito a 32 per non tornare più a Bergamo: «Ci sono andato in vacanza e alla fine ho messo radici» spiega, e non è che a casa non avesse da fare.

«Ho lavorato nel marketing appena terminati gli studi, era quello che volevo fare da sempre – racconta –. Dopo il mitico liceo scientifico Lussana, ho frequentato un istituto a Como per dirigenti d’azienda e, terminato il militare, sono andato subito a lavorare a Milano per un’azienda di prodotti chimici: mi occupavo di marketing strategico con un taglio commerciale. Poi una bellissima esperienza nel marketing operativo alla Castrol, sempre a Milano. Un profilo che ho mantenuto anche quattro anni dopo, quando ho lasciato Milano e sono andato in Perofil». L’azienda di famiglia: «L’hanno amministrata mio padre e mio fratello; io ho gestito il marketing e il lancio del marchio all’estero, proprio negli anni Novanta quando Perofil fu spinto nei mercati stranieri, estendendo la sua produzione e le sue linee».

Anni intensi per Perolari: «Bergamo è stata una boccata d’ossigeno dopo anni di A4 come pendolare: un inferno – ricorda –. Lavorare nell’azienda di famiglia è stato stimolante e mi occupavo di marketing strategico, operativo». Ma galeotta fu una vacanza: «Parto per le Seychelles, e come nei più noti cliché, ci vado una volta, poi una seconda, poi una terza e alla fine decido di fermarmi a Mahè». A convincerlo un amico bergamasco, che alle Seychelles già viveva da diversi anni: «Stefano Chionni, mio compagno al Lussana, amico di infanzia, di una vita: era andato alle Seychelles proprio per incontrarlo dopo un po’ di anni. Lui e suo fratello Paolo, di 63 anni, erano a Mahè dove la loro impresa edile aveva avviato degli investimenti, tra cui la realizzazione di un albergo». E Carlo continua a raccontare: «La cosa buffa è che io volevo trasferirmi a Mahè, mentre Stefano doveva tornare, malvolentieri, a Bergamo. Una sera, al tramonto, ci siamo bevuti la classica birretta davanti al mare e abbiamo riorganizzato la nostra vita. Siamo partiti chiedendoci che cosa fanno gli italiani che decidono di investire all’estero». E le risposte sono arrivate facili facili: «Potevamo aprire un ristorante italiano, ma non ne avevamo le competenze – continua –; oppure una pizzeria, ma non siamo dei provetti pizzaioli e qui fa troppo caldo per la pizza. Allora ci è venuta l’idea del gelato».

Ecco fatto: produrre gelato da distribuire in tutte le strutture alberghiere delle Seychelles. «Abbiamo deciso così di avviare una società che facesse gelato di alta qualità per una distribuzione industriale:». Era il 1998 e nasce così «Shark’s ice-cream»: «Il logo era uno squalo con gli occhiali da sole: Stefano si occupava della parte tecnica, io del marketing e ovviamente non avevamo la benchè minima esperienza». Ma tutto si impara: «Dall’azienda bergamasca Technogel abbiamo acquistato i macchinari, ci siamo occupati di tutta la parte burocratica e abbiamo avviato il lavoro con un tecnico che ci ha “istruito” nella parte più produttiva. In poco tempo avevamo circa 250 clienti in tutte le isole delle Seychelles, con un gelato di ottima qualità».

Dopo cinque anni di attività, l’albergo costruito dall’impresa Chionni a Praslin va però in gestione alla famiglia bergamasca: «Stefano e suo fratello Paolo decidono allora di prendere in mano il resort e mi coinvolgono nell’avventura: per due anni teniamo anche l’azienda di gelato ma il lavoro era complesso e i continui trasferimenti da Mahè dove c’era la Shark’s ice-cream e Praslin, dove lavoravamo nell’hotel, erano complicati».

Venduta l’azienda che produceva gelato a un imprenditore del posto, i tre bergamaschi si dedicano al New Emerlad Cove: «Per 15 anni, con grande passione: ho girato tutto il mondo per promuoverlo e per sviluppare la sua immagine, mentre Stefano e Paolo lo gestivano. Era un gioiello in una delle zone più belle di Praslin». La struttura è rimasta aperta fino allo scorso 2017 quando è stata cambiata la gestione con una proprietà locale che ha scelto di non proseguire con l’attività: «Ma noi bergamaschi non siamo gente che sta con le mani in mano e già avevamo aperto, esattamente 9 anni fa, una società che importa cibo italiano alle Seychelles». Si chiama «Mamma Mia» e ancora oggi i tre bergamaschi sono in società insieme a Luca Bertoletti, altro bergamasco da 12 anni alle Seychelles, e Annibale Grasselli, cremonese: «Anche Luca è un amico di vecchia data, tutti insieme ci frequentavamo fuori da scuola, nell’allora storica “Compagnia del Viale”, che si ritrovava davanti appunto al bar del Viale, in via Vittorio Emanuele».

Bei ricordi tutti bergamaschi che Carlo ha ancora e che non dimentica: «Praticamente mangio e parlo bergamasco anche qui, dato che siamo un team decisamente orobico». E ben affiatato: «Abbiamo una regola non scritta: non si discute. Ci conosciamo da una vita e da una vita collaboriamo e se non siamo d’accordo ci si mette attorno a un tavolo a trovare una soluzione». «Mamma Mia» parla anche bergamasco con i formaggi Zanetti, e poi tanti marchi italiani come i salumi Beretta, i vini italiani, «siamo distributori di Ferrero e Illy». Perolari distribuisce a tutti gli hotel delle isole, circa 150 clienti, con due negozi monomarca avviati: «Uno a Eden Island, in un centro commerciale, e ora stiamo aprendo nella zona commerciale e industriale di Mahé».

Il made in Italy alle Seychelles funziona: «Puntiamo su qualità e servizi. Il nostro è un mercato piccolo ma continua a svilupparsi e nei progetti c’è l’idea di aprire altri due o tre negozi e di puntare su la Digue, isola che ha un grande interesse turistico, dove sono numerose le guest house. La spesa qui è fondamentale». Funzionano soprattutto caffè e vino, ma anche salumi e formaggi: «La cucina italiana è simbolo di garanzia, di qualità» e Carlo ha il suo da fare per estendere l’export, e gestire le relazioni commerciali con l’Italia: «Diciamo che Bergamo oramai è la mia meta “turistica”, e ci torno sempre volentieri. con l’occasione di rivedere cari amici come Paolo Ferrara, Giordano Cattaneo e Alberto Salvetti; godermi la famiglia, Città Alta e quelle colazioni al Caffè del Tasso che mi mancano tanto – racconta –. Lontano da casa, ritrovo Bergamo sempre più bella: efficiente, dinamica, moderna». La sua vita ormai è a Mahé, «e qui i tempi sono sempre al rallentatore: la puntualità è un optional».

Carlo qui ha una compagna originaria delle Seychelles, Lisa, ed è qui che si svolgono le riunioni familiari con le tre figlie – Gaia, Sophie e Alessia –, due delle quali sono già grandi e vivono a Londra, dove studiano. «L’obiettivo è andare in pensione e godermi il mare e la spiaggia, cosa che ora faccio solo nel weekend, con qualche gita al mare, in giro con una barchetta di 5 metri lungo la costa di Mahè – spiega –. E poi mi godo i ritmi lenti della vita di qui, a casa con i miei due cani e cinque gatti. Ultimamente mi sono appassionato al kite-surfing e quando posso “volo” sul mare». Ora non potrebbe più rinunciare alla «natura così rigogliosa e alla luce, «al sole, a questi colori incredibili». Sicuro è che quello che non rimpiange di Bergamo è la famigerata nebbia: «E il freddo, pungente». E aggiunge:«Nei progetti futuri ci sono sei mesi qui e sei mesi a Bergamo. Per questi ultimi sceglierò ovviamente l’estate italiana».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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