La mamma morta dopo il parto:
13 indagati, l'autopsia venerdì

Sono tredici gli indagati per la morte di Rossella Gotti, la donna di Bergamo che è spirata durante un'operazione d'urgenza dopo che si era sentita male a 12 giorni dal parto cesareo con il quale aveva dato alla luce la sua secondogenita. Sul fronte dell'inchiesta è stato confermato che l'autopsia verrà eseguita venerdì e che le persone iscritte nell'indagine, per omicidio colposo, sono solo medici, e non infermieri o altri operatori sanitari.

Si tratta di coloro che hanno avuto in qualche modo un ruolo nelle cure prestate alla 38enne di Valtesse nei tre momenti in cui è stata ricoverata agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Rossella Gotti infatti dopo il parto era già tornata in ospedale una volta, lamentandosi per i forti dolori: ma, dopo essere stata visitata, era stata dimessa.

La donna lo scorso 27 ottobre aveva partorito con un taglio cesareo e senza complicazioni una bambina, ed era stata dimessa quattro giorni dopo. Lo scorso sabato sera la donna, già mamma di una bambina di 10 anni, aveva accusato forti dolori addominali ed era tornata in ospedale per la seconda volta. Ai Riuniti era stata ricoverata d'urgenza ma, durante un intervento chirurgico effettuato verso le 4 del mattino, i medici avevano scoperto una grave emorragia interna, causata probabilmente dalla rottura di un aneurisma dell'aorta addominale, emorragia che le è stata fatale.

La Squadra mobile della Questura di Bergamo ha avuto dal magistrato l'incarico di svolgere gli accertamenti sulla morte. Gli agenti hanno acquisito le cartelle cliniche dalle quali sono stati estratti i nomi di tutti i medici che hanno avuto in cura Rossella Gotti, che gestiva una tintoria lavasecco all'interno della galleria del supermercato Gs di via Baioni.

Per quanto rigurada l'iscrizione nel registro degli indagati, si tratta, da parte della magistratura, di un atto dovuto, necessario da un lato per poter procedere con tutti gli accertamenti necessari a scoprire le cause della morte, dall'altro per consentire agli indagati di potersi difendere.

Dagli Ospedali Riuniti intanto martedì era arrivata la conferma ufficiale «che sono stati notificati gli avvisi di garanzia. Come da prassi, in questi casi, è stata richiesta la documentazione clinica, che abbiamo prontamente fornito. Ci auguriamo che al più presto venga fatta chiarezza».

© RIPRODUZIONE RISERVATA