«La bellezza di mia figlia
malata di leucemia»

«La lettera la riscriverei, parola per parola. Perché quel "Quanto sei bella!" detto da una coetanea sconosciuta a mia figlia ventenne alle prese con la leucemia e gli effetti collaterali dei farmaci, non ha offeso me, ma ha fatto piangere Francesca. E io quello, come mamma, non potevo lasciarlo passare. Forse è ora che qualcuno spieghi a quella ragazza che cosa è la bellezza». Natalina Conti un paio di settimane fa ha scritto di getto una e-mail al giornale, raccontando che mentre lei e la figlia – reduce da un trapianto di midollo – aspettavano di attraversare la strada al semaforo di via Statuto, una ragazza, passando in auto, aveva abbassato il finestrino per lanciare un messaggio che le aveva fatto formicolare le mani.

Da quel momento, la casella di posta di casa Conti si è riempita di messaggi di solidarietà e simpatia. Nella sala della Casa del Sole dell'Associazione Paolo Belli, mamma Conti, una donna minuta con i capelli biondi e corti, volontaria all'oratorio di Boccaleone, commenta: «Non pensavo di attirare tanta attenzione. Ho ricevuto anche la telefonata del padre di una ragazza disabile che ha passato un'esperienza simile alla nostra mentre attendeva un esame in ospedale e non ha reagito, per paura di passare alle vie di fatto contro la donna che si era lamentata che una "mongola" le passasse davanti nella coda. Mi ha detto che ho parlato anche a nome suo».

La rabbia è passata, resta l'analisi lucida della situazione: «Penso che quella ragazza non si fosse resa conto della malattia, ho l'impressione che sia stata proprio la "mole" di mia figlia a suscitarle il commento. Come se chi non porta la taglia 42 fosse condannato a non esistere... del resto Francesca mi ha fatto notare che se dovesse cercare un lavoro in questo periodo della sua vita, non saprebbe come fare, dato che tutti gli annunci, per qualsiasi lavoro, chiedono ragazze di "bella presenza". Non intelligenti, gentili, capaci...».

La ragazza scervellata quindi è espressione di questi nostri tempi? Davvero per i ragazzi conta solo la perfetta forma fisica? Natalina non ne è convinta. «In questi mesi i giovani che conosciamo – dice – ci hanno dato tante lezioni. Gli amici di mia figlia sono quasi tutti di Valbondione, perché noi veniamo da lì. Nelle settimane di ospedale si son fatti su e giù per la valle più volte dopo il lavoro per salutarla attraverso il vetro. Quando i medici le hanno vietato la piscina, improvvisamente nessuno della compagnia aveva più voglia di nuotare. E quando Francesca, in agosto, ha dovuto rientrare in ospedale per il trapianto, tutti hanno rinunciato alle vacanze per starle vicino». E questi ragazzi cos'hanno detto della storia al semaforo? «Che quella "l'era fò de co"!».

In certi momenti ridere è difficile, però si riesce a sorridere. Natalina Conti racconta dello scorso Carnevale, quando scesero tutti con la bandana in testa per far festa alla Casa del Sole con i bambini e i ragazzi senza capelli. «La riflessione che facciamo come associazione – osserva il presidente della Paolo Belli, Silvano Manzoni – è che è triste che esista ancora questa intolleranza a chi appare diverso. Esiste un filone di bullismo che attraversa età e sesso. Ma esiste oggettivamente anche un'impreparazione della società a trattare con le malattie e le loro manifestazioni. Noi siamo pronti a collaborare per creare un'educazione ai rapporti umani in questo senso.

Chi pensa al reinserimento in classe dei bambini o dei ragazzi dopo la chemio? O a creare un galateo umano per le situazioni delicate? Forse potremmo cominciare una riflessione in città, magari con l'aiuto dell'Università. Spesso l'insensibilità non è pura cattiveria, è mancanza di cultura. E, in particolare per l'estetica, che per gli adolescenti e le giovani donne può essere un aiuto alla guarigione, perché non pensare anche a iniziative leggere, magari chiedendo idee e collaborazione a chi, per mestiere, si occupa di moda e bellezza?».

Il «caso Francesca» può diventare un'occasione per un passo avanti sociale. «Di fronte alla malattia – sottolinea Natalina – la famiglia cambia completamente il proprio stile di vita, le priorità, i sentimenti. Gli altri no, gli altri non si fermano, forse non possono fermarsi. E per capire occorre tempo». «Spesso i malati e le famiglie sono circondati da esplosioni eccessive di emotività di parenti e amici, che però poi si spengono – continua Manzoni – e li lasciano soli a continuare a lottare a lungo. La gente non sa parlarsi, ma ha voglia di cose semplici, soprattutto di sentirsi dire che qualcuno gli vuol bene. Ma come dirlo, bisogna impararlo».

La mamma di Francesca, in uno dei lunghi pomeriggi passati a guardare la figlia «inchiodata in un letto» fra multicolori sacche di chemio, le ha scritto il suo grazie «per l'immenso dono di dignità, coraggio e generosità» ogni giorno dimostrato anche di fronte ai «sani di corpo che forse hanno bisogno di curare il cuore». E, questa, è bellezza.
Susanna Pesenti

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