Vallanzasca lavora in cooperativa
Permesso dopo 30 anni di carcere

La prima giornata di lavoro esterno di Renato Vallanzasca è cominciata molto presto. Quasi all'alba, nella speranza, vana, di sottrarsi all'attenzione di fotografi e cameramen. Dall'abitazione della moglie, Antonella D'Agostino, alla periferia di Milano, dove si trovava in permesso, il «Bel René» lunedì mattina 8 marzo è uscito prestissimo per andare alla Ecolab, una pelletteria gestita in cooperativa che dieci anni fa fu fondata dalla moglie stessa.

Vi tornerà ogni giorno, ma con l'obbligo di rientrare alle 19 nel carcere di Bollate. L'ex capo della mala milanese dopo gli anni del crimine, i processi, le condanne e il carcere, è entrato in un mondo praticamente a lui sconosciuto: quello del lavoro. «È stato trattato come tutti gli altri - ha spiegato Massimo D'Angelo, responsabile di Ecolab - è una persona che sta cercando di capire se questa esperienza può essere utile per lui, per gli altri, per la società».

Vallanzasca è stato così inserito nel suo gruppo di lavoro: «Gli sono state fatte vedere le borse che facciamo - ha proseguito D'Angelo - e gli sono stati spiegati i prodotti che confezioniamo. Per noi è normale che giungano da noi dei detenuti e spero che questo sia normale anche per una società civile».

Il bandito, che il 6 febbraio 1977 al casello di Dalmine - insieme a due complici - fu protagonista dell'uccisione dei poliziotti della stradale di Seriate Luigi D'Andrea e Renato Barborini, ieri ha preso confidenza con gli strumenti di lavoro. Si è munito di taglierino e degli altri arnesi e ha cominciato a lavorare sui modelli di borse, portafogli e altro che la pelletteria produce, anche per grandi marchi.

Finito l'orario di lavoro, alle 17, per sfuggire all'assedio di troupe televisive, fotografi e cronisti, che hanno presidiato per tutto il giorno l'entrata della pelletteria, i responsabili di Ecolab hanno creato un diversivo facendo ventilare qualche dichiarazione del bandito della Comasina da raccogliere nel laboratorio.

Ma Vallanzasca è «evaso» passando da un'uscita secondaria, davanti alla quale lo attendeva una Panda di colore rosso e col motore acceso che l'ha riportato al carcere di Bollate. Così sarà anche martedì mattina. All'inizio della giornata di lavoro, Vallanzasca è sembrato emozionato ai compagni, anche, probabilmente, per la rilevanza mediatica che ha avuto la concessione del lavoro esterno, dopo oltre 30 anni in prigione.

Un beneficio che spetta anche agli ergastolani che abbiano scontato almeno dieci anni di pena, che il detenuto chiede e il cui programma è redatto dagli operatori del carcere e che poi è approvato dal giudice di sorveglianza. Vallanzasca, che è stato condannato a quatto ergastoli e 260 anni di prigione, già nel carcere di Voghera (Pavia) aveva cominciato a lavorare come grafico: ieri ha intrapreso questa nuova esperienza, tra tavoli da lavoro, cucitrici e, soprattutto, altre persone che vivono o hanno vissuto il carcere, oppure soffrono di problemi di adattamento.

I suoi nuovi compagni di lavoro l'hanno trovato «tranquillo», anche «simpatico». «Ha lavorato soprattutto con me - ha raccontato Antonella -, l'ho messo sotto io a lavorare. Gli ho spiegato i vari modelli. Ha fatto il caffè per tutti tre volte».

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