Arrivò a Schilpario in taxi nel '74
«Il paese era la sua famiglia»

Per Paolo Impellizzeri la Valle di Scalve era la casa, Schilpario era la famiglia. Arrivò in valle circa trentacinque anni fa. «Era un giorno d'estate e faceva un gran caldo - racconta il sindaco di Schilpario, Gian Mario Bendotti -. Forse era il 1974, non ricordo bene. In quegli anni io vivevo a Bergamo, ma mantenevo una casetta a Schilpario con alcuni amici. Una mattina passai da piazza Dante e Paolo era lì, facemmo due chiacchiere, mi disse che aveva caldo, che arrivavano le ferie e che non sapeva bene che cosa avrebbe fatto. Io gli chiesi se voleva venire con noi, su a Schilpario, se voleva aggregarsi al nostro gruppetto di amici. E lui mi rispose che sì, che sarebbe venuto con noi. E infatti un paio di giorni dopo con il taxi e la sua valigia lo vedemmo arrivare in piazza».

La valle come la sua famiglia. Paolo Grassi è il bibliotecario di Schilpario, uno dei punti di riferimento di Paolo Impellizzeri. Dice Paolo Grassi: «Mi ha spiazzato questa notizia. Ma è la fine di un lungo dolore. Però io ci speravo, sapevo quanto stava male e sapevo che le prospettive erano limitate, eppure speravo che potesse riprendersi. A Schilpario eravamo molto legati a lui, si può dire che tutti gli volevamo bene, conosceva tutti, salutava tutti. Era molto amico di monsignor Spada che era stato anche per qualche anno il suo direttore a "L'Eco". Ma l'amicizia con don Spada era iniziata molti anni prima che Paolo andasse a lavorare a "L'Eco"».

«Con Spada spesso Paolo faceva parte della combriccola che al bar Centrale giocava a scopa, la sera. Ogni volta che scendevo a Bergamo avevo un elenco di persone che mi incaricavano di salutarlo e a lui faceva proprio piacere. L'ultima volta che l'ho visto a Schilpario è stato alla fine di giugno dello scorso anno: mi disse di bere un caffè con lui, io gli risposi che sbrigavo una commissione e tornavo subito. Bevemmo il caffè, mi disse dell'infezione ai piedi, che non ce la faceva più a camminare, che doveva tornare a Bergamo per andare in ospedale».

Il quartier generale del Paolo era il bar Centrale, in piazza. Lo ricorda il gestore, Alessandro Poli: «Arrivava al mattino tardi, prendeva i giornali, beveva il caffè e un bicchiere d'acqua, poi faceva la sua passeggiata. Tornava, si sedeva fuori, aspettava qualcuno dei suoi amici per andare a mangiare, mangiavano sempre fuori, al Vò, in Pradella, alle Paghere... giravano. Era un gentiluomo, ma sapeva anche arrabbiarsi: succedeva soprattutto quando si discuteva di politica, aveva idee radicate, precise e non transigeva».

Il sindaco di Schilpario afferma che Paolo avrebbe voluto venire accolto nel cimitero di Schilpario. Dice il sindaco: «Aveva espresso il desiderio che Schilpario fosse la sua ultima casa e stiamo facendo tutto quello che è possibile, perché questo suo desiderio si compia. Mi ricordo quando ero stato eletto sindaco, lui era raggiante. Mi dava dei consigli, era una persona intelligente, quando avevo pensato di individuare uno "schilpariese esterno", un villeggiante come consulente, molti mi indicarono il Paolo».

Roberto Bonicelli è nato a Vilminore nel 1943, coetaneo di Paolo Impellizzeri. Racconta: «Ho conosciuto il Paolo al Sarpi, nel 1958. Lui era un anno avanti a me, perché era andato a scuola un anno prima. Siccome era nato il 6 dicembre, significa che andò a scuola quando aveva ancora quattro anni. Poi ci siamo ritrovati a Schilpario, in estate... In quest'ultimo anno lo abbiamo seguito noi amici, Paolo a Bergamo era solo, non aveva nessun parente. Abbiamo cercato di stargli vicini, di aiutarlo. Lui amava vivere. Ricordo una volta che venne su per il suo compleanno, il 6 dicembre. Andò a festeggiarlo con un amico scalvino e rimase in giro per tre giorni senza mai dormire. Quel compleanno restò leggendario. Ma da allora decise che era meglio festeggiare a Bergamo...».
 Paolo Aresi

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