Riuniti, altro parto straordinario
Benedetto sopravvive alla «mola»

Dopo quello della piccola Gaia, avvenuto lo scorso 31 maggio da una donna in stato di coma da 17 settimane, un altro parto straordinario agli Ospedali Riuniti, dove giovedì è nato un maschietto da una donna alle prese con una «mola vescicolare», una sorta di tumore benigno della placenta che – invasa da una degenerazione policistica dei villi coriali (la parte embrionale della placenta stessa) – non ha più spazio per far crescere regolarmente il feto. Nel contempo i villi coriali, colpiti da un'alterazione genetica, sottraggono al feto stesso tutto il nutrimento proveniente dal sangue della madre.

In queste condizioni, dunque, il feto è destinato inevitabilmente a soccombere nella stragrande maggioranza dei casi, a meno che la «mola» sia «parziale», lasci cioè ancora un po' di spazio al feto per potersi sviluppare. Quale sia la natura della mola vescicolare che ha colpito la mamma di Benedetto lo stabiliranno gli ulteriori esami istologici sul materiale genetico prelevato dai medici: non è infatti da escludere che nel ventre materno ci fossero stati due gemelli, uno dei quali, purtroppo, «riassorbito» dalla proliferazione dei villi.

La madre di Benedetto – nome di fantasia per tutelarne la privacy, ma anche per indicare la buona stella che lo ha assistito – viene informata della presenza della «mola» alla 16ª settimana di gestazione, ma ha coraggio da vendere: rinuncia subito a spezzare l'esile filo della vita per portare a compimento quella gravidanza impossibile, così ad alto rischio da giustificare legalmente la più drammatica e crudele delle scelte: l'aborto.

La «mola vescolare» è una malattia che si registra in una percentuale variabile compresa tra una ogni 22 mila e una ogni 100 mila gravidanze. Quando la diagnosi viene comunicata alla donna durante il quarto mese di gravidanza, la mamma – una quarantenne bergamasca che ha già un figlio – viene anche informata dei possibili rischi correlati a questa maternità: la possibilità di aborto spontaneo, parto prematuro, morte intrauterina del feto e rischio di gestosi (aumento della pressione arteriosa che può creare seri pericoli in gravidanza). In passato, frequentemente, queste gravidanze venivano interrotte al momento della diagnosi. In alcuni casi la «mola» completa con feto vivo coesistente si associa ad una anomalia dei cromosomi del nascituro. In questo caso tale anomalia venne esclusa dopo la sedicesima settimana di gestazione, al momento della diagnosi di mola vescicolare, ed è proprio questo il dato che ha fatto ipotizzare gli specialisti a un caso di mola vescicolare completa con gemello riassorbito.

Il papà e la mamma di Benedetto, assistiti dagli ostetrici e dai ginecologi dei «Riuniti», devono dunque decidere se fermare tutto oppure lasciare l'ultima parola alla vita. Alla fine, prendono la decisione migliore e lasciano fare alla vita. Benedetto prosegue così a crescere testardo, evitando di succhiare da quella placenta infetta il male che cerca di ucciderlo, e il 3 giugno scorso viene alla luce alla 35ª settimana: pesa un chilo e 660 grammi, ma sta bene. Ora è un'incubatrice, ma tra qualche settimana potrà tornare ad abbracciare mamma e papà, festeggiando con loro la vittoria del «cuore», un «cuore» più forte della morte.

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