Giovanni XXIII, Papa universale
con Bergamo sempre nel cuore

«È vietato portare fiori freschi sulla tomba di Papa Giovanni». La scritta campeggiava sino a qualche anno fa su un cartello all'ingresso della cripta della basilica vaticana. Troppi i mazzi e i bouquet che coprivano la tomba. Quando i fiori appassivano l'aria diventava irrespirabile. Da quando la salma del Beato è stata collocata nella basilica il divieto-invito è rimasto, ma ieri un omaggio floreale non poteva mancare sull'altare con la pala di San Gerolamo che veglia l'urna di Papa Giovanni.

Ieri ricorreva il decennale della beatificazione del Papa di Sotto il Monte: per lui fiori bianchi, come i gigli di Sant'Alessandro, patrono di Bergamo, come le margherite dei campi del suo paese natale. Non è un mistero che Roncalli fosse attaccato da un cordone ombelicale mai reciso con la sua terra. E questo suo legame intimo e indissolubile è stato il leit motiv delle parole pronunciate da monsignor Davide Pelucchi all'omelia, durante la Messa che ha presieduto in mattinata nella basilica, proprio sull'altare con le spoglie del Beato. Assieme al vicario generale di Bergamo anche monsignor Maurizio Malvestiti, sottosegretario della Congregazione per le Chiese orientali, don Davide Superchi, curato di Sotto il Monte, monsignor Tino Scotti che con monsignor Luigi Ginami è in servizio presso la Segreteria di Stato, altri sacerdoti bergamaschi pure in servizio nella capitale: don Paolo Rudelli, don Giulio Villa, don Daniele Bravi, don Sergio Bertocchi e don Rinaldo Donghi.

Monsignor Malvestiti, prima dell'inizio della celebrazione, ha salutato i pellegrini giunti da Sotto il Monte e ha rivolto un invito a pregare per la canonizzazione di Giovanni XXIII. Monsignor Pelucchi si è detto commosso e portando i saluti del vescovo Francesco Beschi (un ricordo anche al vescovo Roberto Amadei) ha esordito: «È un privilegio essere qui, perché qui davanti a questa urna si ha percezione della bontà di Dio. Con la vostra presenza testimoniate quanto è radicato l'amore per Papa Giovanni nella propria terra».

Il vicario generale ha rievocato alcuni episodi della vita di Roncalli. Nel 1952, dopo aver ricevuto la porpora, il cardinale Roncalli confidò al vescovo di Bergamo Adriano Bernareggi di aver iniziato fin da piccolo le sue giornate con la preghiera del «Ti adoro, mio Dio» e di aver aggiunto negli anni successivi l'inciso «ti ringrazio di avermi fatto sacerdote e bergamasco», un riferimento non casuale. «In questo modo – ha detto monsignor Pelucchi – ha voluto accentuare la sua capacità di rispettare ogni cultura, quella più piccola e quella più vasta, perché se uno vuol bene al suo paese, alla sua diocesi, apprezza meglio la Chiesa universale».

Un richiamo alle parole di Giovanni Paolo II che lo beatificò e un forte rimando alla formazione giovanile, all'educazione ricevuta dai genitori, alla devozione verso il suo parroco don Francesco Rebuzzini morto il 25 settembre 1898 dal quale ereditò il libro dell'«Imitazione di Cristo», pagine che avrebbe riletto per tutta la vita. Per molti anni, il futuro Papa fu costretto a rimanere lontano dalla sua terra. A 40 anni partendo per Roma dove essere stato nominato presidente di Propaganda Fide scrisse: «Io parto con Bergamo nel cuore». Da Papa testimoniò le sue origini in varie occasioni. Quando un migliaio di pellegrini guidati dal vescovo Giuseppe Piazzi si recò a Roma per l'incoronazione e Papa Giovanni quando seppe dell'intenzione della gente di donargli una tiara chiese che fossero inseriti sulla stessa alcuni gigli a ricordo di Sant'Alessandro patrono di Bergamo.

Quella con i bergamaschi non è stata l'unica Messa celebrata in ricordo della beatificazione di Giovanni XXIII. «Meglio essere lì alle 7,30 – consigliava l'altro giorno monsignor Malvestiti – sennò qualche altro sacerdote occupa prima l'altare». E in effetti la lunga catena di Messe è proseguita per tutta la mattinata, quasi una «gara» fra religiosi a celebrare sull'altare del Papa. «Ora vi aspettiamo l'11 ottobre per la festa del Beato – si è congedato monsignor Malvestiti –, è una data storica che segna l'inizio del Concilio».

Gli anniversari giovannei si susseguono e con cadenza quasi annuale invitano a tornare sulla tomba in San Pietro. I romani lo sanno bene. I rivenditori di souvenir hanno rispolverato cartoline in bianco e nero con il ritratto di Papa Roncalli. Accanto alle cartoline a colori di Papa Wojtyla e Papa Ratzinger sembrano dire che sono passati parecchi decenni. Ma il tempo non è riuscito a sbiadire quell'immagine.

Emanuele Roncalli

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