San Pellegrino, addio a sei ippocastani
Furono l'ombra della Belle Epoque

Hanno visto la Belle Epoque di San Pellegrino. Dopo 154 anni di vita e di onorato servizio sul «sentierone» brembano, sei grandi ippocastani hanno dovuto cedere al tempo e alla malattia.

Hanno visto la Belle Epoque di San Pellegrino, accompagnando con la loro ombra le passeggiate di dame e nobili signori che all'inizio del secolo scorso raggiungevano una delle mete più prestigiose del turismo internazionale. Dopo 154 anni di vita e di onorato servizio sul «sentierone» brembano, sei grandi ippocastani, un piccolo pezzo di storia di San Pellegrino, hanno dovuto cedere al tempo e alla malattia. Quattro degli alberi abbattuti mercoledì 3 novembre si trovavano nei pressi dell'hotel Excelsior, sul lato dei portici Colleoni, uno davanti al Baretto e uno nei pressi dell'edicola.

«Non sembravano messi particolarmente male – spiega l'assessore ai Lavori pubblici Franco Nicolosi – ma da un'attenta analisi dell'agronomo ci è stato suggerito di abbatterli: erano malati e potevano diventare pericolosi. Due erano già stati tagliati alcuni mesi fa, a cui si aggiungono i sei di oggi (ieri per chi legge, ndr). Saranno sostituiti con altri otto ippocastani».

Una storia ultrasecolare quella degli ippocastani (una cinquantina) che hanno accompagnato l'ascesa e il declino di San Pellegrino. Vennero piantati nel lontano 1856 e provenivano dal grande parco regio di Monza. Per oltre un secolo, quindi, hanno abbellito il viale della cittadina termale, facendo ombra alle passeggiate dei «bagnanti» che arrivavano per le terme. Nel corso dei decenni, peraltro, qualche esemplare venne sostituito, altri ne sono stati aggiunti e, quella di ieri, non è la prima operazione di abbattimento. Già nel 2001, per esempio, quattro alberi furono tagliati perché aggrediti dalla Guignardia, un fungo che da mezzo secolo colpisce questo tipo di piante facendo cadere prematuramente le foglie. In quell'anno umidità, pioggia e una stagione poco favorevole dal punto di vista climatico, contribuirono al proliferare del fungo e quindi della malattia sugli ippocastani di viale Papa Giovanni. La cura utilizzata per cercare di rallentare l'azione del fungo a base di solfati di rame non riuscì a guarire tutti gli alberi e per quattro, nei pressi dell'hotel Bigio, non restò altro che l'abbattimento.

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