Cadute dall'alto, è allarme:
l'88% non percepisce il pericolo

Il rischio derivante dai lavori ad altezze elevate non è percepito nel modo adeguato dall'88% di coloro che svolgono l'attività. È il primo dato sconvolgente di uno studio del'Associazione italiana per l'anticaduta e antinfortunistica.

Il rischio derivante dai lavori ad altezze elevate non è percepito nel modo adeguato dall'88% di coloro che svolgono l'attività. È il primo dato sconvolgente di uno studio condotto dall'Aipaa (Associazione italiana per l'anticaduta e antinfortunistica) in Italia, e che ha avuto come suo punto di partenza proprio la Bergamasca.

Non solo: sempre secondo l'associazione aderente a Confindustria-Finco, e che ha la propria sede nazionale a Bergamo, i bilanci che riguardano feriti e morti per cadute dall'alto riguardano solo quelli riferiti ai luoghi di lavoro e non includono almeno un altro 30-35% che avviene invece in ambito extra lavorativo.

«Con questi primi dati dello studio che abbiamo condotto a campione in diverse zone d'Italia, si evince che l'emergenza derivante dai lavori in quota inizia ancor prima di quando gli operatori salgono su tetti scali e ponteggi – spiega il presidente dell'Aipaa, Giuseppe Lupi –. Se quasi il 90% di chi svolge lavori in quota non percepisce che operare già a un'altezza di 2,5 metri è pericoloso per la propria vita, è evidente che si rende necessario prima di iniziare i corsi per l'uso dei dpi, delle piattaforme aeree o di trabattelli scale e imbracature, spiegare e far capire con esempi concreti cosa significa lavorare in quota».

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