I diamanti e le vergogna
della Bergamo che non si vede

C'è una città nascosta, sconosciuta, una città che sta dietro i quartieri, oppure che si apre dietro le superstrade. È una città sorprendente: conserva spesso parti di una storia antica e dimenticata. 

C'è una città nascosta, sconosciuta, una città che sta dietro i quartieri, oppure che si apre dietro le superstrade. È una città sorprendente: conserva spesso parti di una storia antica e dimenticata. Qualche volta riserva brutture che si fa fatica a comprendere. Altre invece offre squarci di bellezza.

E questa città che sta ai margini è tutta collegata da un intrico di stradine e la si può percorrere a piedi e in bicicletta approfittando di questa viabilità alternativa, antica come è antica la città. Siamo andati a scoprirla, a piedi e in bicicletta, accompagnati da due studiosi in grado di spiegare quello che vedevamo: Renato Ferlinghetti e Fulvio Adobati, docenti che fanno parte del Centro studi territorio dell'università di Bergamo.

Ci mettiamo in cammino dalla chiesa di Campagnola. Fra la chiesa e il nucleo antico del quartiere c'è una stradina di campagna che costeggia il Morla, il torrente che arriva dal Canto Alto e poi scende lungo Valtesse, Borgo Palazzo, stazione, via Gavazzeni... Spiega Ferlinghetti: «Questo che vediamo non è il corso naturale del Morla, ma una canalizzazione del XIII secolo. Il corso originale scendeva dall'attuale via Moroni, arrivava alla Grumellina, Lallio. Ancora oggi è possibile notare quello che si definisce "paleo alveo"».

«Nel XIII secolo vennero realizzati due rami, questo di Campagnola che va verso Orio e quello che scende da via Zanica verso Azzano. Fra questi due rami paralleli scorrono tuttora dei canali che li uniscono e che irrigano i campi rettangolari tracciati non per "lungo", ma per "largo", nel senso ovest-est. Era una regimentazione delle acqueche funziona ancora oggi e che aveva a che vedere con la realizzazione di Comun Nuovo, una "colonia" della città fondata in quegli anni con l'invio di sessanta famiglie».

«Era la città che si faceva territorio, che disegnava una sua provincia, una sua egemonia culturale. La provincia di Bergamo non nasce in maniera automatica, ma per l'azione della città che stabilisce dei suoi luoghi nel territorio attorno, anche a Schilpario, per esempio».

Leggi le due pagine sull'argomento di Paolo Aresi su L'Eco di domenica 6 dicembre

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