L'allenatrice le parlò per l'ultima volta
«Ora siamo nella disperazione»

Non ci sono parole, è il tempo delle lacrime. Piange Daniela Rossi, la responsabile della ginnastica ritmica della Polisportiva del paese. «Yara era la voglia di vivere, una bambina felice. Non c'è foto in cui non compaia sorridente. Siamo nella disperazione».

Non ci sono parole, è il tempo delle lacrime. Troppo grande il dolore. Piange Daniela Rossi, la responsabile della ginnastica ritmica della Polisportiva del paese. «Yara era la voglia di vivere, una bambina felice. Non c'è foto in cui non compaia sorridente. Siamo qui nella disperazione...». La mente va a quel maledetto 26 novembre, quando Yara Gambirasio arriva in palestra per portare lo stereo che sarebbe servito per una gara in programma la domenica.

È proprio Daniela che ha parlato alla ragazzina per ultima. «Rivedo ancora davanti agli occhi il suo sorriso, quando è uscita dalla palestra. Me lo porterò per sempre nel cuore». L'istruttrice ha la voce rotta dalla commozione: pensa a Yara, alla sua famiglia, a papà Fulvio, soprattutto a mamma Maura «perché anch'io sono una mamma. Spero solo che Maura resista. Era lei che dava coraggio a noi, aveva ancora tanta speranza di vedere la sua bambina, ci credeva. E ora se penso alla sua disperazione sto male».

È un sabato come gli altri al centro sportivo di Brembate Sopra. È un via vai di auto dal parcheggio. Sta scendendo il buio e i genitori con i bimbi escono dai corsi di nuoto. Dalle grandi vetrate si può vedere tutto quel che succede: le lezioni vanno avanti come se nulla fosse, dentro e fuori dalla vasca. Molti non sanno ancora di Yara, c'è chi lo ha appena appreso da internet o dalla tv. Un gruppetto di adolescenti è fermo fuori dal bar: «Yara? Abbiamo appena saputo, ce l'ha detto una ragazza, in lacrime. E siamo subito saliti a guardare internet. Non ci potevamo credere». Nella palestra dove Yara si è allenata tante volte non c'è nessuno. È tutto spento. «Ci siamo allenate ieri (venerdì per chi legge ndr)», racconta al telefono Daniela Rossi che otto anni fa ha fondato la sezione agonistica della ginnastica ritmica del paese. Era questo il mondo di Yara che sognava di diventare «una bravissima ginnasta», come aveva scritto nella presentazione a scuola. Un mondo fatto di allenamenti e sudate, di gare e soddisfazioni. Per lei e le sue compagne questa era come una seconda casa. E come è crudele a volte il destino. Oggi era in programma una gara a Bergamo, come quel venerdì maledetto. Lo dice a denti stretti l'istruttrice. «Noi non ci saremo, come potremmo...», spiega.

Come trovare la forza di andare avanti, di pensare allo sport. Sono stati mesi difficili per tutto il mondo di Yara, per la famiglia, gli amici, la scuola, le compagne di ginnastica. «Durante gli allenamenti non se ne parlava, perché il solo parlarne faceva male. Le amiche più strette di Yara hanno anche avuto bisogno di un sostegno psicologico. Ma il nostro pensiero era sempre per lei. Sempre», racconta Daniela. «Yara non mollare siamo tutte con te», il messaggio tutto per la tredicenne ancora ieri sera apriva il sito della ginnastica ritmica brembatese. Poche righe, circondate da due Hello Kitty con un cuoricino in mano. Poche righe che adesso stringono il cuore non solo di chi ha voluto bene a Yara. «Devo ancora trovare le parole per dirlo a mia figlia, compagna di Yara in palestra. Perché non si possono trovare parole per spiegare a dei ragazzini che cosa può essere successo a una loro compagna. Troppi i punti interrogativi. Chi ha fatto male ad una bambina? Che cosa è successo? E perché?». Ecco perché fa tutto ancora più male. «Una famiglia distrutta. Ho mandato un messaggio a Keba. Il mio pensiero va ai fratelli di Yara, a Fulvio e Maura. Vi siamo vicini». Anche noi.

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