Buoni pasto, bar e ristoranti:
«Così non si può andare avanti»

«Il sistema dei buoni pasto va riordinato altrimenti rischia di saltare per aria. Così non si può andare avanti». Esercenti e associazioni dei commercianti orobici protestano compatti per le condizioni ormai insostenibili del servizio.

«Il sistema dei buoni pasto va riordinato altrimenti rischia di saltare per aria. Così non si può andare avanti». Esercenti e associazioni dei commercianti orobici protestano compatti per le condizioni ormai insostenibili del servizio che prevede l'accettazione della maggior parte dei tagliandi sostitutivi alla mensa aziendale.

Baristi e ristoratori lamentano da diversi mesi ritardi nei pagamenti da parte di alcune società emettitrici dei buoni. Nella maggior parte dei casi, invece di riscuotere la cifra dei buoni incassati in quindici giorni, devono aspettare almeno tre mesi.

Oltre a questo devono combattere anche contro un valore defiscalizzato del buono assolutamente inadeguato (le commissioni imposte dagli emettitori arrivano spesso al 10%) e consumatori che non rispettano minimamente le regole di consumo dei ticket.

Nella nostra provincia sono circa 500 le aziende, tra pubblici esercizi e ristoranti, convenzionate con emettitori di buoni pasto. Alcune di queste, visto il grave stato di disagio, hanno già deciso di non accettarli più. Altri ci stanno pensando seriamente.

«Non ce la facciamo più». È la frase ricorrente fra i baristi e ristoratori bergamaschi che abbiamo ascoltato sulla questione: «Solo per il rimborso di questi buoni – spiegano – pretendono un abbonamento annuale da 10 euro, penali di 15 euro per presunti errori in fatturazione, commissioni integrative per servizi inutili, spedizione a nostro rischio con raccomandata o corriere. Addirittura se porti i buoni incassati di persona ti fanno pagare per consegnarli».

I più in difficoltà risultano proprio gli esercizi del centro di Bergamo che, per non perdere clienti e continuare a lavorare, sono praticamente costretti ad accettare i buoni.

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