Regione: regole più ferree
per i parrucchieri low cost

La Regione punta i riflettori sui parrucchieri etnici, mettendo mano a una situazione fino ad oggi poco regolamentata. Approvato un documento che passerà al vaglio della commissione che disciplina l'attività: regole ferree sulla sicurezza, l'igiene e l'ubicazione.

Regione Lombardia punta i riflettori sui negozi di parrucchieri etnici, mettendo mano a una situazione fino ad oggi poco regolamentata. Per farlo giovedì 28 luglio ha approvato in sede di giunta regionale un documento ad hoc che passerà al vaglio della commissione che disciplina l'attività attraverso regole ferree sulla sicurezza, l'igiene e l'ubicazione.

Nonostante nel regolamento non vi sia un esplicito richiamo alle attività gestite da stranieri, sono proprio queste ad essere finite nel mirino. E se fino ad oggi non sembrava esserci mai stata la necessità di definire una disciplina così specifica per il settore degli acconciatori, da quando i negozi gestiti per lo più da immigrati cinesi e africani hanno iniziato a spopolare grazie alle loro tariffe ridotte, la giunta regionale ha deciso di intervenire.

Vuoi le tariffe nettamente inferiori rispetto al tradizionale coiffeur, vuoi gli orari di apertura no stop, è bastato poco tempo perché il gentil sesso e non solo iniziasse a frequentare, spesso e volentieri, questa nuova categoria di parrucchieri low cost. Equiparando il prezzo di un trattamento, il vantaggio economico è subito evidente: se da un parrucchiere italiano nella media una piega costa circa 14 euro, la stessa piega, in un negozio gestito da cinesi costa meno della metà.

Andando oltre la mera questione pecuniaria, a vantaggio delle attività «cinesi», c'è un orario di apertura continuato e che non conosce festività. Sette giorni su sette, con una disponibilità di circa 14 ore al giorno, senza nemmeno bisogno di prenotare.

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