Gandino, omicidio Barcella
Nei boschi ricerche dell'arma

Si cerca ancora l'arma dell'omicidio di Santo Barcella, l'artigiano settantenne di Clusone ucciso con un taglio alla gola e abbandonato in un sacco nei boschi di Gandino. La protezione civile, il soccorso alpino e i carabinieri stanno pattugliando la zona di Gandino.

Si cerca ancora l'arma dell'omicidio di Santo Barcella, l'artigiano settantenne di Clusone ucciso con un taglio alla gola e abbandonato in un sacco nei boschi di Gandino. Dalla mattinata di giovedì 1° settembre la protezione civile, il soccorso alpino e i carabinieri stanno pattugliando la zona dei boschi di Gandino con l'obiettivo di recuperare il famoso «podèt» (roncola, in bergamasco), con cui sarebbe stato ucciso.

Intanto in carcere restano Geremia Telini, quarantatreenne imprenditore di Gorno, Benim Ponik, 36 anni, operaio kosovaro di Gazzaniga, e Roberto Poletti, 38 anni, disoccupato di Gorno.
Secondo i carabinieri Barcella si sentiva spesso con Telini che lo accusava di averlo imbrogliato in un affare e pretendeva la restituzione di 15 mila euro. Il primo sospetto su Telini giunge proprio dai contatti telefonici con Barcella: tanti prima della misteriosa scomparsa, nessuno dopo il 6 novembre.

A far scattare il fermo è stato però il presunto passo falso commesso da Telini il 9 novembre, quando - secondo gli inquirenti - si presentò in banca per cercare di porre a incasso un assegno, proveniente da un blocchetto che era stato affidato «in bianco» a Barcella. Telini è stato quindi convocato in caserma per rendere conto di quell'assegno. La sua spiegazione non ha convinto gli inquirenti e per lui si sono aperte le porte del carcere.

Telini avrebbe risposto di aver ricevuto l'assegno da Benim Ponik, che quindi è stato a sua volta convocato. Proprio lui avrebbe consentito ai militari di ricostruire la presunta dinamica dell'omicidio. Il muratore avrebbe infatti confidato che, dopo il delitto, Telini si sarebbe recato a casa sua, raccontando di aver ucciso Barcella. Anche la convivente di Ponik avrebbe confermato la circostanza ai carabinieri. Telini avrebbe «confessato» al kosovaro e alla compagna di aver portato Barcella con l'inganno nei boschi di Valpiana, aiutato da Roberto Poletti (il terzo fermato). Gli avrebbero stretto la cintura di sicurezza dell'auto attorno al collo, minacciando di ucciderlo se non avesse rifuso i 15 mila euro. Barcella avrebbe detto di non avere i soldi, poi avrebbe perso i sensi. Credendo di averlo ucciso, i due lo avrebbero chiuso nel sacco e gettato nel bosco. Andando via, però, avrebbero notato che l'artigiano ancora si muoveva nel sacco, così Telini sarebbe tornato indietro e con un «podèt» (una roncola, in bergamasco), lo avrebbe finito con un colpo alla gola. Poi, il kosovaro avrebbe detto ai militari che pure Poletti gli avrebbe «confessato» l'omicidio e che il trentottenne gli era parso turbato perché, per quanto ne sapeva lui, quella mattina Barcella avrebbe dovuto subire solo una «lezione». Di fronte ai carabinieri, però, sia Poletti, sia Telini hanno negato coinvolgimenti nel delitto.

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