Pd, tra primarie e alleanze
E l'arrivo di Gori fa discutere

Dimmi con chi ceni e ti dirò chi sei. In termini gossipari potrebbero tradursi così le fibrillazioni del Pd bergamasco, travolto dalla sindrome del «Grande fratello», dopo che il guru della tv Giorgio Gori si è messo al servizio del partito.

Dimmi con chi ceni e ti dirò chi sei. In termini gossipari potrebbero tradursi così le fibrillazioni del Pd bergamasco, travolto dalla sindrome del «Grande fratello», dopo che il guru della tv Giorgio Gori si è messo al servizio del partito.

I Democratici, però, sono arrovellati da ben altri problemi che non gli inviti a tavola. Lo «spessore» dell'iniziativa politica, primarie sì o no (anche per la scelta del candidato sindaco a Bergamo), le alleanze - il dilemma tra la «foto di Vasto» (Bersani-Vendola-Di Pietro) e la foto di Palazzo Chigi (Bersani-Casini-Alfano con Monti) - tengono banco fra i militanti e i gruppi dirigenti.

Sempre più frastagliati. Di primarie si è discusso lunedì in una serata di formazione del Pd. Conclusione? Piuttosto unanime, dagli oltranzisti all'apparato: sono un patrimonio da salvaguardare, ma vanno regolate, per evitare effetti boomerang come a Genova e Palermo.

La linea sembrerebbe quella di evitarle per i segretari provinciali e regionali (che andrebbero eletti dagli iscritti: il congresso del Pd bergamasco sarà l'anno prossimo); di introdurle per i parlamentari, nel caso non cambiasse la legge elettorale, e di adottarle per la scelta del candidato sindaco di Bergamo nel 2014.

La proposta la lancia il responsabile enti locali Matteo Rossi: «Da subito apriamo i cantieri sui temi dell'alternativa nei quartieri, e poi facciamo le primarie per tempo, nell'autunno del 2013». Gli interventi sono sulla stessa linea: «Le primarie devono organizzarsi sui programmi e sui contenuti. Poi si cercano le facce migliori, che non devono essere per forza quelle a maggior impatto mediatico o che partecipano alle cene».

Un riferimento nemmeno tanto velato al ciclone Gori, che da quando si è tesserato al Pd ha portato linfa nuova, ma ha anche sparigliato le carte.

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