Antonio Sarti, presidente uscente Ana
«Nove anni alla guida di 21mila alpini»

Antonio Sarti, classe 1939, alla guida della sezione di Bergamo dell'Associazione nazionale Alpini, porterà a termine domani il suo terzo mandato. Nove anni vissuti a capo della sezione più numerosa d'Italia con 21.145 iscritti e 270 gruppi in provincia.

Antonio Sarti, classe 1939, alla guida della sezione di Bergamo dell'Associazione nazionale Alpini, porterà a termine domani il suo terzo mandato. Nove anni vissuti a capo della sezione più numerosa d'Italia con 21.145 iscritti e ben 270 gruppi in tutta la provincia. Lo incontriamo nella sede sezionale di via Gasparini.

Lei ha visto nascere e crescere la Protezione civile: per 20 anni ha ricoperto l'incarico di responsabile nazionale. Come è cambiata?

«Quando ho iniziato non c'era quasi nulla: negli interventi non avevamo forse nemmeno i giubbotti, ma molti erano gli uomini disponibili e desiderosi di essere d'aiuto nelle emergenze. L'intervento che più mi ha lasciato il segno è stato in Armenia dopo il terremoto del 1988, forse perché è stato il primo impatto con situazioni di quel tipo»

Che cosa ricorderà in particolare da presidente di sezione?
«Ci sono almeno quattro eventi "storici" che ho potuto vivere come presidente della sezione: l'85° della fondazione, celebrato nel 2006, che ha dato l'avvio al periodo delle grandi manifestazioni. Nel 2010 aver portato oltre centomila alpini a Bergamo ha comportato due anni di duro lavoro e ha permesso alla città e a tutta la provincia di comprendere cosa sia un'adunata nazionale; anche lo scorso anno la presenza di un fiume di gente per il 90° della sezione ha dimostrato quanto Bergamo ami gli alpini. Infine, la nuova sede di via Gasparini che proprio in questi giorni viene completata con la sistemazione del parcheggio esterno».

La nuova sede segna una svolta per la sezione?

«Sono stati quattro anni di lavoro per le squadre dei nostri alpini. Quando l'edificio ci è stato donato dalla nobildonna Anna Maria Astori era in completo abbandono. L'impegno, anche economico, è stato notevole, ma abbiamo recuperato un edificio di grande valore storico. Nella nuova sede è poi sorto il museo alpino, che già ora possiede oggetti importanti».

Qualche rammarico?
«Mi rimane il rimpianto di non essere riuscito a raggiungere l'obiettivo di far diventare i momenti di festa degli alpini occasioni per proporre la conoscenza del mondo alpino. Altrimenti cosa distingue una sagra di un gruppo da una qualsiasi costinata di paese? Un rammarico ancora più profondo riguarda il progetto del Tricolore nelle scuole, non del tutto realizzato. In questi anni siamo riusciti ad incontrare migliaia di alunni della scuole, soprattutto medie. Ritengo si debbano raggiungere i ragazzi più grandi, quelli dell'ultimo anno della scuola superiore. In alcune occasioni in cui li ho incontrati ho percepito da parte loro interesse verso il mondo alpino e i suoi valori. Per noi significa, però, un salto di qualità perché bisogna essere più preparati».

Cosa farà ora?
«Innanzi tutto potrò ritornare a lavorare nel gruppo di Scanzo accanto ai miei alpini. Come presidente spesso ero loro ospite alle feste, ma ora potrò rimettermi dall'altra parte a preparare panini o servire la birra. Cesserà invece il mio impegno in sezione: ritengo ci si debba fare da parte e non condizionare chi ricoprirà il mio ruolo (il nome condiviso per la successione è quello di Carlo Macalli, di Vertova). Così hanno fatto i presidenti che mi hanno preceduto con me, lasciandomi libero anche di sbagliare. Così farò io».

L'intervista integrale su L'Eco di Bergamo oggi in edicola

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