Lega e Formigoni ai ferri corti
Maroni attacca: «Voto in aprile»

La Lega Nord e il presidente della Lombardia Roberto Formigoni sono ai ferri corti come mai prima. Sabato 13 ottobre il Carroccio ha dettato le sue condizioni, una su tutte: election day ad aprile per le politiche e per le regionali.

La Lega Nord e il presidente della Lombardia Roberto Formigoni sono ai ferri corti come mai prima. Sabato 13 ottobre il Carroccio ha dettato le sue condizioni, una su tutte: election day ad aprile per le politiche e per le regionali.

Ma se andare a votare in primavera è l'intenzione della Lega Nord, che in pratica ha staccato la spina, Formigoni - impegnato a fare una nuova squadra dopo l'arresto dell'assessore alla Casa Domenico Zambetti con l'accusa di aver comperato voti della 'ndrangheta e l'azzeramento della giunta - ha tutt'altra idea e si attesta in trincea denunciando che «l'accordo firmato giovedì con Alfano e Maroni è diverso da quanto emerso sabato».

Ha ripetuto di voler restare fino al 2015 e di escludere «certamente» l'idea di un governo "a tempo" o di un appoggio esterno. «Se la Lega ha cambiato posizioni - ha detto al convegno dei democristiani del Pdl a Saint Vincent - ce ne spiegherà le ragioni, ragioneremo insieme, questo è il momento in cui ognuno deve essere chiaro. Il Pdl è pronto ad assumere la responsabilità delle proprie scelte e anche io come presidente farò le mie scelte».

In tarda serata gli ha risposto proprio Roberto Maroni chiarendo a muso duro che a Roma non è stato fatto nessun accordo sulla «durata della legislatura». Però i comunicati non bastano: con Maroni ci si aspetta un faccia a faccia. Certo se c'é una situazione «così incerta - ha osservato il coordinatore Pdl Ignazio La Russa che ha sentito Formigoni, così come hanno fatto Angelino Alfano e Silvio Berlusconi - meglio andare a votare subito».

A chiedere le elezioni è l'opposizione di centrosinistra che per lunedì sera ha organizzato un presidio davanti al Palazzo della Regione a cui hanno aderito fra gli altri Roberto Vecchioni e diversi sindaci. Fra gli invitati c'è anche il primo cittadino di Milano Giuliano Pisapia che ha chiesto «una ribellione civica» e soprattutto le dimissioni del governatore.

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