Servirebbero altre gallerie
per salvare la Rivierasca

«Tra Bergamo e Brescia c'è il lago d'Iseo, uno dei meno conosciuti d'Italia. La sponda est è segnata da numerose gallerie, ma quella ovest (la nostra) è un viaggio di straordinaria bellezza tra strette rocce sospese sopra il lago».

«Tra Bergamo e Brescia c'è il lago d'Iseo, uno dei meno conosciuti d'Italia. La sponda est è segnata da numerose gallerie (liberamente traducendo, non ne val la pena), ma quella ovest (la nostra) è un viaggio di straordinaria bellezza tra strette rocce sospese sopra il lago».

Tra parentesi la Lonely Planet - la guida turistica più «cool» e forse più celebre del pianeta - raccomanda ai globetrotter di lingua inglese, di suonare spesso il clacson perché qui è tutto una curva che non sai cosa c'è quando finisce. Per il resto, l'invito è quello a lasciarsi incantare.

Speriamo che a nessuno venga lo sfizio di ammirarla oggi questa fantastica riviera ormai chiusa in due punti e che da due settimane sembra un percorso di guerra dopo la frana del 30 ottobre a Zù di Riva di Solto, quella di mercoledì a Castro, quella di giovedì a Portirone.

Le strette rocce sospese sopra il lago stanno venendo giù con una frequenza tale che la gente di qui ormai non crede più che si possa tornare a percorrerla senza aver paura. Le soluzioni definitive ipotizzabili non sono solo complesse, ma anche estremamente costose.

Risalendo dal lago, basta guardare in alto e si capisce perché: ci sono tratti della montagna, come quello fuori dalla galleria di Portirone dove la frana occupa l'intera carreggiata, in cui le rocce sono messe quasi in verticale. Se cade anche solo un sasso, non c'è un appoggio orizzontale su cui possa fermarsi. Vien giù, sulla strada.

«Sono quasi in verticale – ha spiegato Renato Stilliti, dirigente della Viabilità provinciale, che giovedì sera era a Portirone –. Se si staccano rocce di quelle dimensioni, non le ferma nessuno. Non bastano le reti paramassi, non basterebbe nemmeno una galleria artificiale». Ne serve una naturale, cioè bisogna scavare nella montagna, cioè ci vogliono un sacco di soldi. E non ci sono.

Lunedì il vertice in Provincia per coordinare l'emergenza, per capire cosa fare del masso di Portirone e come risalire alle cause del distacco. Con due certezze: la strada cantata dalla Lonely non riaprirà prima di Natale (scommettiamo che bisognerà aspettare il 2013?) e i soldi per il gran lavoro che servirebbe per andare in pace non ci sono.

Leggi le due pagine dedicate all'argomento su L'Eco di domenica 18 novembre

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