In Duomo i funerali di Ciccio Borsatti
L'ultima vasca sulla sua «Corsarola»

Questa volta è un percorso silenzioso. Ciccio sale da piazza Mercato del Fieno verso il Duomo, attraverso via Gombito e Piazza Vecchia. Ciottoli familiari, conosciuti uno a uno, calpestati migliaia di volte, col passo cadenzato e le mani intrecciate dietro la schiena.

Questa volta è un percorso silenzioso. Ciccio sale da piazza Mercato del Fieno verso il Duomo, attraverso via Gombito e Piazza Vecchia. Ciottoli familiari, conosciuti uno a uno, calpestati migliaia di volte, col passo cadenzato e le mani intrecciate dietro la schiena. Un vecchio signore si toglie il cappello, una bambina si fa il segno della croce. È l'ultima «vasca» sulla Corsarola per Egidio «Ciccio» Borsatti, accompagnato da un piccolo corteo di famiglia con in testa le sorelle Mina e Rosa.

Ma sono in parecchi ad aspettarlo sul sagrato del Duomo e questa, anche per i suoi nipoti, è davvero una sorpresa. Ma è anche la dimostrazione di quanta bella gente ci sia ancora al mondo, capace di superare luoghi comuni e giudizi affrettati, in grado di capire cosa alberghi davvero, dietro a qualche urlo, nel cuore del prossimo.

A salutare Ciccio c'è una Città Alta trasversale, generazioni diverse legate dal filo della memoria e della condivisione, anche un tantino gelose di tutto quello che accade all'interno delle Mura. Perché qualche volta, in circostanze del tutto particolari, tirar su il ponte levatoio non è atto di preclusione, ma tentativo discreto di proteggere l'identità.

Ci sono i vertici della cooperativa del Circolino al completo, col presidente Aldo Ghilardi («Non ho mai conosciuto una persona più dolce e gentile di Ciccio») e col suo predecessore Giuseppe Carrara. Ci sono Andrea Mandelli, restauratore, e Amerigo Lazzaroni, memorie storiche del borgo antico, ci sono Chicco Facheris, falegname in Boccola, e il burattinaio Vittorio Moioli detto «Bachetì». E ancora: Raffaele Scuri, fabbro in Mercato del Fieno e animo sensibile come il padre Piero, e Oreste Fratus, che si occupava delle scartoffie di Ciccio («Era di una cortesia disarmante»). E tante altre belle facce, tutte dipinte dal dispiacere.

La funzione è celebrata da monsignor Giuseppe Sala che si avvale di due «chierichetti» d'eccezione: il maestro Attilio Salvi e Gildo Mandelli, entrambi nel direttivo degli Ex alunni del Seminarino, altra storica istituzione per chi ha vissuto tra le Mura. «Ciccio non è stato fortunato – esordisce don Sala nella sua splendida omelia – ma il Signore conosce i pesi e i mali dell'uomo perché il mondo è anche aspro e inospitale. E così l'avventura di Egidio è stata faticosa perché quest'uomo, che apparentemente gridava, aveva in realtà occhi mansueti».

In Duomo si avverte un clima di dolcezza nel dolore. «Io non so com'è il Paradiso, ma se penso a Ciccio me l'immagino come una via Colleoni dove lui passeggia tranquillamente e distribuisce caramelle a tutti i passanti cercando di rincuorarli. Perché il segreto della vita, in fondo è tutto qui». E se è destino che anche lassù Ciccio debba andare avanti e indrè, non poteva essere più «calzante» l'ultimo regalo che gli hanno fatto le nipoti. Il desiderio l'aveva espresso lui, poco prima di volar via. E le voleva bianche. Chissà che faccia farà Jannacci a vederselo venire incontro. Il Ciccio, davvero, con i scarp del tennis.

Pier Carlo Capozzi

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