Bergamo-Amman, un ponte medico
per aiutare i bambini di Gaza

«Manco da Gaza dall’ottobre scorso. Ora la situazione è drammatica: per questo è cruciale che il nuovo progetto sostenuto anche da organizzazioni no profit bergamasche, diventi un’ancora di salvezza per i palestinesi». Il racconto di Giancarlo Crupi, cardiochirurgo pediatrico dell’ospedale Papa Giovanni.

«Manco da Gaza dall’ottobre scorso, quando con una équipe tutta bergamasca eravamo partiti per una ulteriore tappa del Palestinian children relief fund, progetto di sostegno ai bambini palestinesi cardiopatici che organizza da anni missioni negli ospedali a Gaza e del Makassed hospital a Gerusalemme Est. A ottobre le difficoltà incontrare sono risultate quasi insormontabili: all’aeroporto di Tel Aviv le forze dell’ordine israeliane ci hanno sequestrato strumenti e attrezzature necessari per gli interventi chirurgici per oltre 20 mila euro. Ora, con i bombardamenti e l’invasione via terra, la situazione è ancora più drammatica: per questo è cruciale che il nuovo progetto che ci aveva portato in Giordania, ad Amman, a marzo e ad aprile, sostenuto anche da organizzazioni no profit bergamasche, diventi un’ancora di salvezza per i palestinesi». Giancarlo Crupi, cardiochirurgo pediatrico dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo ormai dal 1999, dall’epoca della seconda Intifada, porta, con i suoi colleghi, italiani e stranieri, speranza di vita ai bambini cardiopatici palestinesi con missioni di medici e infermieri volontari: oggi parte alla volta del Jordan University Hospital ad Amman in Giordania, per potenziare il progetto «The arab children heart’s project», nato con l’obiettivo di operare in Medio Oriente , in modo totalmente gratuito, i bambini arabi indigenti e gli espatriati che vivono nei campi profughi: «In Giordania – spiega Crupi – . ormai i campi profughi sono pieni zeppi di profughi siriani, ed è facile prevedere che ai palestinesi che già vivono lì, da anni, nei campi profughi, si aggiungerà a breve una nuova ondata dalla Striscia di Gaza. In queste ore l’unico check point praticabile è quello con l’Egitto ed è questo il valico lasciato volutamente aperto perché da qui i profughi palestinesi possano trovare rifugio in Giordania».

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