Bossetti, udienza chiusa alle 11.25
No alle riprese tv, «minori da tutelare»

Ci siamo, alle 8.30 il Tribunale di Bergamo ha aperto le sue porte e alle 9.21ha avuto inizio il processo che vede imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio Massimo Bossetti. L’arrivo del carpentiere di Mapello è avvenuto alle 8.48, da via Garibaldi, mentre il suo avvocato, Claudio Salvagni, è giunto alle 8.35.

La condanna potrebbe arrivare all’ergastolo, viste le accuse di omicidio pluriaggravato e calunnia (nei confronti del suo collega Massimo Maggioni, su cui a un certo punto delle indagini tentò di indirizzare i sospetti degli investigatori).

Già dalle 6 i primi giornalisti e operatori televisivi, alle 7.30 un piccola folla di giornalisti è diventata più consistente ma anche curiosi in via Borfuro, che era transennata per evitare il passaggio alle auto. La zona era blindatissima e numerose le pattuglie della polizia che hanno controllato i punti di accesso al Tribunale.

Massimo Bossetti è arrivato alle 8.48 scortato su un furgone della polizia penitenziaria e ha raggiunto l’interno del tribunale direttamente sul mezzo da via Garibaldi, come nell’ultima volta della sua presenza in Tribunale a Bergamo. In aula era dietro la tipica «gabbia»: entrato, gli hanno tolto le manette ed è stato scortato da tre guardie. Bossetti è apparso abbronzato, con i capelli pettinati all’indietro con il gel, indossava una polo azzurra con colletto blu e un paio di jeans con scarpe da ginnastica bianche. Per pochi secondi ha guardato il pubblico senza scomporsi. Nel gabbiotto in vetro dell’aula dove si svolge il processo era seduto su una sedia, i gomiti appoggiati ad un tavolo, in modo da guardare i giudici e dare le spalle al pubblico. Il suo nervosismo trapelava dal continuo movimento dei piedi. L’aula era stracolma, ma il muratore ha dato solo una rapida occhiata entrando e poi si è voltato raramente. A metà processo ancora qualche sguardo fugace verso il pubblico.

Prime schermaglie processuali: l’avvocato Paolo Camporini ha contestato il capo d’imputazione relativamente alla presenza di un doppio luogo presente sui documenti e relativo all’assassinio di Yara Gambirasio: Chignolo e Brembate. Contestato anche l’alcol test: secondo il legale che affianca Salvagni sarebbe stato effettuato con l’astuzia.

I difensori di Massimo Bossetti hanno quindi chiesto ai giudici della Corte d’Assise di Bergamo la nullità del prelievo del Dna con un boccaglio, nel corso di un controllo stradale simulato, da cui derivò che il Dna del muratore era lo stesso di Ignoto 1. Secondo gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, quel prelievo doveva essere eseguito con le garanzie difensive in quanto «non si può dire che il signor Bossetti il 15 giugno dell’anno scorso non fosse indagato» (il muratore fu arrestato il 16).

Cambio di rotta anche sulla questione riprese televisive: la difesa ha annunciato di accettare il volere delle parti offese. A quanto pare tutto il processo sarà senza telecamere.

Dopo la difesa ha preso la parola il pm: Letizia Ruggeri ha confermato la volontà di non avere le telecamere in aula: «Non per un atteggiamento scorretto nei confronti dei media, ma perchè metterebbero a rischio la serenità del processo».

Sulla vicenda interviene anche Andrea Pezzotta, legale della famiglia Gambirasio insieme a Enrico Pelillo: «Ci soni minori da tutelare - ha detto -. Sono sconcertato da questo bombardamento mediatico».

L’ingresso dei tanti giornalisti è avvenuto con molto ordine e calma. Non si sono state resse, nè eccessiva folla. Molto teso l’avvocato Salvagni che non ha rilasciato dichiarazioni rilevanti prima di entrare, dicendosi invece soddisfatto dell’avvio del processo appena uscito dall’udienza.

Intanto si pensa a Bossetti, che non ha mai tentennato, continuando a professarsi innocente nonostante l’insistenza degli inquirenti negli interrogatori e nonostante un anno di carcere (con quattro mesi in isolamento). L’uomo non ha mostrato segni di cedimento.

Chi lo ha potuto vedere sostiene che Bossetti negli ultimi giorni non abbia modificato le sue abitudini di vita all’interno del carcere e che abbia vissuto l’attesa del processo con serenità, quasi con il desiderio di provare la sua estraneità ai fatti.

Numerose le persone, cittadini comuni, che hanno chiesto di assistere alla prima udienza del processo: ma l’aula era blindatissima e gremita. Le prime tre file dell’aula sono occupate dal pubblico. Poco prima l’ingresso della Carte in aula: il processo è iniziato alle 9.21. I genitori di Yara non saranno presenti in aula se non per testimoniare. Presenti invece i giudici popolari, tre uomini e quattro donne.

Ma come si è svolta l’udienza? Si tratta di un’udienza tecnica in cui le parti potevano sollevare eccezioni, presentano la lista dei testimoni e chiedendo l’ammissione delle prove. Poi sarà la volta dei testimoni. Tantissimi. Solo quelli della difesa sono 711, più i 120 del pm Letizia Ruggeri (oggi ci sarà anche il procuratore Francesco Dettori) che chiede di sentire anche Ester Arzuffi, la mamma dell’imputato non citata dalla difesa, che chiama invece Mohamed Fikri, il marocchino indagato e poi scagionato. Deciderà la Corte se ammettere tutti i testi.

La corte d’assise era presieduta dal giudice Antonella Bertoja, che è stato affiancato dal giudice a latere Ilaria Sanesi.

La seconda udienza è il 17 luglio alle 10.30, ma si entrerà nel vivo del processo dopo l’estate.

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