Giorno per giorno, un incubo cominciato il 26 novembre 2010

L’incubo comincia il 26 novembre 2010 quando Yara Gambirasio non fa ritorno a casa dopo essere uscita dalla palestra di Brembate Sopra. Una ragazzina tranquilla, di buonissima famiglia , con una grande passione per la ginnastica ritmica: nessuna giustificazione plausibile per la sua scomparsa.

Dal suo telefonino parte un sms di risposta ad un’amica. Alle 18.47 il suo telefonino viene agganciato dalla cella di Mapello, un comune distante circa 3 chilometri da Brembate, poi la traccia scompare.

5 dicembre 2010: il marocchino Mohamed Fikri, che lavora inun cantiere edile di Mapello è fermato a bordo di una navediretta a Tangeri. Contro di lui alcuni indizi, tra i quali un’intercettazione ambientale in cui sembra affermi «Allah perdonami non l’ho uccisa». Ma la traduzione era sbagliata. Mohamd Fikri si proclama innocente. Riesce a dimostrare che le sue vacanze in Marocco erano programmate da tempo e che non stava fuggendo. La sua posizione sarà archiviata perché risulterà del tutto estraneo alla vicenda.

12 dicembre 2010: La mamma di Yara parla per la prima volta e in un’intervista e dice di sentire «un grande affetto attorno alla sua famiglia».

8 gennaio 2011: Arriva una lettera anonima che annuncia che il corpo di Yara è nel cantiere di Mapello. La lettera non è tenuta in considerazione anche perché il cantiere era già stato più volte controllato e ispezionato. È solo una delle centinaia di segnalazioni che si riveleranno inutili in una vicenda costellata dalla presenza di mitomani e sensitivi.

15 gennaio 2011: il sindaco di Brembate Diego Locatelli invita i giornalisti ad allentare la morsa sul paese che deve tornare alla normalità.

26 febbraio 2011: Il corpo di Yara, a tre mesi esatti dalla scomparsa, è ritrovato in una campo a Chignolo d’Isola, ad una decina di chilometri da Brembate (Bergamo). Le indagini appureranno che è stata uccisa sul posto, colpita da alcune coltellate e morta anche per il freddo.

28 maggio 2011: È il giorno dell’addio a Yara. In migliaia si ritrovano al palazzetto dello Sport per assistere ai suoi funerali. Viene letto anche un messaggio del Presidente della Repubblica.

15 giugno 2011: Gli investigatori isolano una traccia di dna maschile sugli slip della ragazza che, a differenza degli altri tre già esaminati, non sarebbe suscettibile di contaminazione casuale. Sarebbe il dna dell’assassino. Un profilo genetico che non è tra i 2.500 raccolti in quei mesi dagli investigatori.

18 settembre 2012: Nasce la cosiddetta ’pista di Gorno’: è estratto da una marca da bollo su una vecchia patente il Dna di Giuseppe Guerinoni, di Gorno sposato e padre di due figli, morto a 61 anni nel 1999 simile a quello trovato sul corpo di Yara. Un Dna che, comparato con il nucleo famigliare dell’uomo, non porta ad alcun risultato; da qui l’ipotesi degli investigatori che esista un suo figlio illegittimo.

7 marzo 2013: Viene riesumata la salma di Giuseppe Guerinoni, il bergamasco di Gorno morto nel 1999 e che, secondo gli inquirenti, sarebbe il padre biologico dell’assassino. La salma verrà sottoposta a tutti gli accertamenti del caso, come disposto dalla Procura.

10 aprile 2014: La consulenza dell’anatomopatologa Cattaneo fuga i dubbi, peraltro sollevati dalla famiglia di Yara, sulla corrispondenza del Dna con quello di Giuseppe Guerinoni. L’assassino di Yara è un suo possibile figlio illegittimo. Di recente, senza alcun risultato, quel Dna era stato comparato con quello di donne che frequentavano Salice Terme, nel Pavese. Una località climatica che l’autista aveva frequentato negli anni in cui avrebbe potuto avere un figlio illegittimo.

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