Giovani, fiduciosi e non disoccupati
«Nel design riposti tutti i sogni»

La luce filtra dalle vetrate, dentro c’è odore di legno, l’aria pungente scaldata da una stufa a legna, e i tanti mobili sparsi in quello che è un loft di progetti e sogni. C’è il calore delle travi di legno, la scala che porta al soppalco apre lo sguardo sui quadri di Francesco Betti che mettono in pace con il mondo.

La luce filtra dalle vetrate del capannone, dentro c’è odore di legno e grandi spazi, l’aria pungente scaldata da una stufa a legna, e i tanti mobili sparsi in quello che è un loft di progetti e sogni. C’è il calore delle travi di legno che ricoprono le pareti, la scala che porta al soppalco apre lo sguardo sui quadri di Francesco Betti che mettono in pace con il mondo. C’è anche una piccola cucina, nascosta tra i pannelli, e sul grande tavolo in ferro e legno la moka del caffè, le tazze dipinte a mano, disegni di modelli, prototipi in miniatura. Tutto quello che c’è in via per Stezzano 47 è Vontree, quattro giovani bergamaschi che si sono messi a fare i designer.

Chi designer è già è Emiliano Bona: 33 anni di Castelli Calepio, arriva dal mondo dell’arte contemporanea e, dopo molta consulenza per gli altri, ha dato vita a «Sbobina|design», suo marchio di complementi d’arredo dove il ferro e il legno giocano con ironia. Un autodidatta, ma anche un tipo sicuro di sé, occhi profondi e una gran capacità di raccontarsi attraverso pezzi di legno usurati e lavorati con le mani: «C’è il concetto del tempo in questi mobili, un connubio tra artigianalità e ludicità, con una buona dose di passione». E di maestria: i suoi pezzi prendono i nomi dai protagonisti della letteratura.

Ci sono i moduli Boris, la panca Sancho, le sedute Camus, come del resto un gioco di parole è anche Vontree, nome partito da Lars Von Trier «per arrivare a unire il germanico “von” all’inglese “tree”, albero, considerando la nostra predilezione per il legno», continua Bona, che ammette: «Amo quello che faccio, mi diverte e mi permette di vivere e questo è un grande risultato in questi tempi dove la massificazione ha il predominio. È per questo che abbiamo creato un’associazione: per ragionare sull’arte e il design, su progetti unici e personali, mettendoci non solo le idee, ma anche le mani». Un po’ falegnami, un po’ poeti, che sanno trasformare una cesta in culla, ma forse anche in una scultura a forma di giraffa. «Dipende da chi guarda e con che occhi osserva» rispondono. Con Emiliano c’è anche Enrico Fogliata, 34 anni di Palazzolo, «l’imprenditore» del gruppo, dicono gli altri tre, «quello più concreto – ma poi aggiungono -, però anche quello che fa grandi voli pindarici». Lui è la spiegazione di cosa è Vontree: «Prima spingevo per un mero studio di progettazione, ma poi, quando mi sono messo a costruire e non solo a disegnare, ho capito che la parte artigianale non la si deve mollare» dice lui. È la chiave di volta, quella stanza incollata al grande laboratorio, dove i quattro il legno – tutto di recupero - lo levigano e inchiodano, lo tagliano e colorano. Enrico su Vontree ripone ora la sua passione, pur gestendo anche un’altra azienda dove si occupa di comunicazione, Studio Molecola: «I progetti nascono per caso, da piccole cose che diventano idee da sviluppare, da evolvere». Da una lampada in ferro che ribaltata diventa un contenitore in cemento, con il ferro che gioca con il legno, le due nervature, i suoi colori sempre diversi. A conoscerne tutti i segreti c’è Mauro Scaini, 35 anni di Arcene, il più appassionato. Lui è il falegname dei tempi moderni, con il legno ci dialoga, lo cerca, lo annusa. Da sempre lo intaglia per farci gioielli che hanno qualcosa di misterioso da svelare attraverso le sfumature della materia. «Ho lavorato per anni a installazioni di mostre. La società dove ero assunto a tempo indeterminato è entrata in crisi, sono finito in cassa integrazione, ma ora il lavoro non lo cerco più: ho Vontree». Ottimista mentre lavora su questi tavoli dal sapore antico, su lampade in ferro , scrivanie che sanno di contemporaneo nel gioco delle forme e materiali.

Pezzi in cui non manca neppure il tocco dell’artista, il sognatore, il poeta raffinato. Francesco Betti, 34enne di Ambivere, in punta di piedi con i suoi disegni e fantasie di colore entra nei pezzi di design, con uno sguardo disincantato e bellissimo che gioca con il mondo dell’arredo, offrendo contributi, spesso ludici. E nulla è mai lasciato al caso, un artista schivo, con le mani grandi, intimidito dall’esibizione, ma che ha saputo catturare l’attenzione della stessa Fondazione del Credito Bergamasco con cui ha in programma una mostra su Giobbe, dal 1° maggio al Museo del Sacro di Romano per poi spostarsi alla Tadini di Lovere.

Artigianalità, design e arte finiscono così per incastrarsi, confluire in un progetto professionale che una volta tanto racconta di passione ed entusiasmo, di gran voglia di fare. Ride Francesco: «Faccio anche la maschera all’Uci Cinemas di Curno, non me ne vergogno: mi tiene con i piedi per terra, a contatto con la gente. Non guasta nelle tante sfaccettature dell’arte».

Perché a 35 anni, in questo tempo che appiattisce ideali e speranze di crescita, il posto fisso, gli orari prestabiliti da ufficio, un timbratore che scandisce tempi e idee, non è più l’obiettivo a tendere. E Vontree ne è un esempio: «Che ci si può vivere, di arte e design, che si fa fatica all’inizio ma le soddisfazioni arrivano, le commesse, i primi clienti importanti, ma bisogna crederci». Investendo risorse e pensieri, mettendoci le mani e la testa. Senza improvvisazioni, però: «Siamo tutti nati e formati in questo ambito, con specializzazioni ed esperienze passate che ci hanno fatto crescere in un settore non semplice e molto competitivo. E poi al liceo artistico lo dicevamo sempre: prima o poi ci cerchiamo uno spazio e ci ingegniamo con le nostre idee». E così hanno fatto, in una fase complicata, ma che è anche alla ricerca di gente come loro, di nuovi stimoli: «Servono coraggio, un po’ di pazzia, che non ci manca, ma anche idee su cui lavorare in un ambiente dove convogliare nuova creatività».

Ora i quattro bergamaschi, dopo la Fiera di Bolzano, saranno anche alla Fabbrica del Vapore e in via Tortona, per il Fuori Salone di Milano. «Sono mesi di progettazione ma anche di lavoro: piace l’atmosfera che creiamo, piacciono i nostri pezzi e il fatto a mano, sempre diverso e innovativo». Con un ma: «Saper proteggere le idee, pur mettendole in circolo, non perdendo mai di vista l’obiettivo: non abbandonare l’entusiasmo e l’amore per quello che si fa». Che è la realizzazione del sogno.

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