Il degrado di Casa della Libertà
75 anni tra incuria e sporcizia

«Una delle opere più significative del Novecento bergamasco». Così il Ministero per i Beni e le attività culturali definisce la Casa della Libertà. Quest’anno l’edificio – nato come Casa Littoria – compie 75 anni e mostra tutte le magagne dovute al tempo che passa e a una buona dose di incuria.

«Una delle opere più significative del Novecento bergamasco». Così il Ministero per i Beni e le attività culturali definisce la Casa della Libertà nel decreto di vincolo che la dichiara «bene di interesse storico artistico», e quindi sottoposto a tutela. Cosa fa di questo palazzone austero, tipico esempio di architettura fascista, un monumento da salvaguardare? Presto detto: «La qualità formale dell’edificio, unita alla rilevanza del progettista, uno dei protagonisti dell’architettura lombarda dell’epoca, e degli artisti coinvolti nella realizzazione», spiega il decreto. L’architetto Alziro Bergonzo l’aveva realizzato, tra il 1937 e il 1940, pensando dovesse diventare «un centro motore della vita politica e spirituale della provincia di Bergamo». Vedesse in che condizioni è oggi, cambierebbe definizione.

Quest’anno la Casa della Libertà – nata Casa Littoria – compie 75 anni e mostra tutte le magagne dovute al tempo che passa e a una buona dose di incuria. Di proprietà dell’ Agenzia del Demanio l’edificio ha tre inquilini: la Prefettura, il Comune e il Corpo Forestale dello Stato. La parte nobile, quella un tempo occupata dal Provveditorato agli studi, è chiusa al pubblico, che può invece accedere – attraversando i grandi spazi comuni – agli uffici della Prefettura, del Ministero della Giustizia e dell’Associazione nazionale famiglie dei caduti in guerra. L’urgenza di un intervento di manutenzione per questo monumentale edificio del centro di Bergamo è più che evidente. Le bianche colonne del portico esterno sono imbrattate da scritte e graffiti, e una mano di bianco passata ogni tanto non basta a coprirle. I gradini in marmo perdono i pezzi e, bene che vada, sono coperti da cicche di sigarette e cartacce. Ma spesso, nelle ore serali, diventano bagni all’aperto. Dentro le cose non vanno meglio. Nel grande atrio d’ingresso, l’affresco di Antonio Santagata – che celebra l’aviatore Antonio Locatelli, la triplice medaglia d’oro cui l’edificio è dedicato – è minacciato da un’infiltrazione d’acqua. Sui muri i segni delle crepe, luci al neon e qualche filo volante. E ad ogni piano porte lucchettate, saloni svuotati e abbandonati. Colpiscono le f initure e i materiali, rimasti in gran parte quelli originari : pavimenti in pietra, cornici lapidee, boiseries in legno, lampadari, quel che resta di un progetto architettonico integrato con arredi e decori, più evidenti negli spazi lasciati liberi dal Provveditorato, saloni che il Fai ha recentemente aperto al pubblico in occasione delle Giornate di Primavera. Dai piani alti, attraverso grandi vetrate, la vista spazia sulla piazza e sui palazzi intorno. La sensazione di essere al centro della città moderna è netta, nonostante la desolazione dell’ambiente circostante.

L’ala dell’edificio più frequentata è quella occupata dall’Auditorium di piazza della Libertà, qui si proiettano film e si organizzano spettacoli sin dagli anni Sessanta. « Da 25 anni, grazie alla lungimiranza e al coraggio dimostrati dal sindaco Galizzi, teatro e cinema collaborano per tenere aperta la sala» dice Tiziana Pirola, resposabile delle attività teatrali in auditorium. Recentemente il Comune ha rinnovato per tre anni la convenzione con Lab 80 per la gestione della sala. L’auditorium ha subito diversi interventi di ristrutturazione interna nel corso degli anni, ma sulle opere di manutenzione straordinaria nulla si può fare senza il via libera del Demanio e le risorse economiche necessarie. E così da qualche tempo i gestori si trovano a fare i conti con un’infiltrazione dal tetto che, nelle giornate di pioggia abbondante, li costringe a tirar fuori cellophane e bacinelle per preservare alcune poltrone. «La copertura del tetto è nuova, l’ultimo rifacimento risale invece a una ventina di anni fa, forse anche venticinque – dice Angelo Signorelli di Lab 80 –. Abbiamo fatto un sopralluogo, manon si riesce a capire da dove arrivi l’acqua. La Prefettura è stata allertata, speriamo si possa intervenire per risolvere il problema definitivamente». Signorelli riconosce che il palazzo avrebbe bisogno di un’operazione di «restyling». «Nel suo complesso è lasciato un po’ andare e la sera il portico diventa un bivacco. Le vetrate e le inferriate dell’atrio andrebbero sostituite. Un peccato non intervenire, questo è un luogo dalla posizione strategica, a ridosso del centro piacentiniano, sull’asse del Donizetti e della Gamec, che meriterebbe di essere valorizzato di più dal punto di vista culturale».

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