Il dialetto rivive nelle insegne
Ristoranti e negozi lo riscoprono

Il dialetto bergamasco vive una nuova primavera. Basta dare uno sguardo alle insegne di ristoranti, negozi e bed and breakfast per constatare, per dirla con le parole dei linguisti, «una riemergenza dialettale nel contesto territoriale bergamasco».

Il dialetto bergamasco vive una nuova primavera. Basta dare uno sguardo alle insegne di ristoranti, negozi e bed and breakfast per constatare, per dirla con le parole dei linguisti, «una riemergenza dialettale nel contesto territoriale bergamasco». Ol tabachì, ol forner, ol barber e ol gelater non sono più soli. Iniziano a diffondersi neologismi e creative traduzioni dall’inglese. Segno di una lingua viva e in continua trasformazione.

Giulia Donzelli, neolaureata in Lettere all’Università di Bergamo, ha censito nella sua tesi le insegne degli esercizi commerciali di città e provincia per scoprire che da noi il dialetto «non è una lingua caduta in disuso ma un sistema linguistico che, pur avendo visto progressivamente ridursi i propri ambiti di impiego, ha saputo ritagliarsi usi orali e scritti difficilmente prevedibili sino a vent’anni fa».

Un idioma fortemente contaminato, rinato in contesti inaspettati. Parole in bergamasco ricorrono nella pubblicità, in internet, nella musica giovanile e nelle insegne commerciali. «Nell’ultimo decennio - spiega l’autrice della ricerca - il dialetto è stato rivalutato con l’inserimento di termini locali in contesti da cui è sempre stato escluso. Assistiamo a nuovi usi, e alla nascita di una lingua caratterizzata da un legame profondo e indissolubile con l’italiano».

L’uso del bergamasco quando si parla di cibo, specialmente se locale e tipico, è molto frequente, 83 delle 101 insegne censite riguardano esercizi commerciali legati al settore enogastronomico (83). Di questi la prevalenza sono ristoranti e pizzerie (51%), ma ci sono anche agriturismi (4%), bed and breakfast (9%), bar e caffè (14%), panetterie (6%) e pasticcerie (2%).

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