Lotta alla Sla: l’acqua che rigenera
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di Giorgio Gandola

«Ho sempre avuto un sogno: sapere bene l’inglese senza studiarlo. Roba da pigri, come pensare di dare un piccolo contributo alla lotta contro la Sla senza farsi una doccia gelata

Ho sempre avuto un sogno: sapere bene l’inglese senza studiarlo. Roba da pigri, come pensare di dare un piccolo contributo alla lotta contro la Sla senza farsi una doccia gelata in questa estate virale, dentro una società che vive di catene di Sant’Antonio multimediali. Lo ammetto, ero scettico e l’ho anche scritto. Ma non esiste via d’uscita che non sia umida - qui e adesso - per recapitare la richiesta al massimo numero di persone. Per coinvolgere un intero territorio sensibile e generoso come il nostro. Per provare a offrire una carezza a chi ci osserva con gli occhi grandi e ci sussurra con la suprema dignità del malato: «Aiutami».

Conoscevo Stefano Borgonovo. Mentre lui cresceva dentro un campo di calcio fino a diventare un campione, cominciavo a riempire pagine di taccuini tascabili con sopra parole, scarabocchi, sgangherati tentativi di prosa. Alla fine di ogni intervista prepartita pronunciava, un po’ per scaramanzia e un po’ per esorcizzare la timidezza, la sua frase preferita: «Domani per fermarmi mi devono abbattere, ma quello non vale». Ecco, la Sla c’è riuscita e improvvisamente abbiamo capito che la sofferenza può essere muta, può essere continua, può essere lenta e implacabile.

Così, quando il direttore generale dell’Ospedale Papa Giovanni, Carlo Nicora, mi ha nominato (si dice così, cascame da Grande Fratello) per la doccia gelata contro la Sla, gli ho detto di sì. Gli ho promesso che l’avrei fatta. Per quel vecchio amico che a vent’anni si chinava ogni giorno su un campo di calcio, strappava un ciuffo d’erba e la annusava dicendo: «È il profumo della mia vita». Per tutti coloro che aspettano il nostro aiuto anche attraverso un estemporaneo gioco di stagione (mai come in questo caso il fine giustifica i mezzi). E per i loro cari, che attendono la nostra mano tesa come un supporto della società, come il segno d’una presenza buona capace di confortarli. Ecco, non siete soli.

Così è arrivata la doccia e sul nostro sito web c’è il video autenticamente da cortile che lo testimonia. Così quel gesto vuol essere simbolico di un giornale, di un sito web, di una televisione, di un gruppo che scende in campo per dare una mano. Chi vorrà aiutare potrà farlo attraverso Kendoo, la nostra piattaforma di finanziamento sociale (per partecipare clicca qui ) e potrà indirizzare la sua generosità all’Aisla Bergamo, da anni in prima linea non solo per la ricerca ma per l’indispensabile supporto alle famiglie.

La speranza è che il rilancio sia consistente e che questa corsa alla solidarietà - che ha avuto un impatto planetario - porti un risultato concreto entro il 21 settembre, giornata mondiale di lotta alla Sla.

Una doccia gelata schiarisce le idee e aiuta a guardare un po’ più lontano. Soprattutto non può rimanere isolata, fine a se stessa. Quindi riteniamo doveroso dare continuità a questa gara di solidarietà affidando il testimone a tre personalità della comunità bergamasca.

Il primo da noi nominato è Antonio Percassi, imprenditore di successo e presidente dell’Atalanta, che certamente coglierà al volo il senso della sfida. La seconda è Daniela Guadalupi, presidente della Fondazione Aiuto Ricerca Malattie Rare. E il terzo è Fabio Bombardieri, nuovo presidente della Fondazione Mia, pietra miliare dell’impegno sociale bergamasco. A loro la palla, anzi il secchio, nella certezza che il ghiaccio, per un’alchimia del cuore, si trasformi in qualcosa di più concreto.

Leggi la pagina dedicata all’argomento su L’Eco di Bergamo dell’8 settembre

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