Lungo i binari della disperazione
Viaggio nel degrado «invisibile»

1.600 metri. Un miglio. L’ultimo prima di arrivare a Bergamo, quello che attraversa l’ex scalo merci, spingendosi lungo i binari verso la prima periferia cittadina. E non è solo uno spazio fisico, una distanza da superare, ma un intervallo in grado di evocare anche una dimensione umana.

1.600 metri. Un miglio. L’ultimo prima di arrivare a Bergamo, quello che attraversa l’ex scalo merci, spingendosi lungo i binari verso la prima periferia cittadina. E non è solo uno spazio fisico, una distanza da superare, ma un intervallo in grado di evocare anche una dimensione umana.

Qualcosa di tragico, angosciante e quasi definitivo. Siamo nella terra di nessuno, un buco nero in cui non si dovrebbe mai finire, ma dove la disperazione costringe purtroppo sempre più persone. Sbandati, senzatetto, tossicodipendenti il popolo della stazione, per intenderci. Solo che qui arrivano i più disperati tra i disperati, quelli che al dormitorio del Galgario o al Nuovo albergo popolare non mettono piede. Perché – dice chi li conosce – certi problemi non puoi condividerli e le dipendenze non sopportano alcuna regola. Nemmeno la più banale dettata dalla convivenza.

Passaggio a livello di Boccaleone, Piazzale Marconi. È questo il miglio che tutti almeno una volta hanno percorso in treno o fiancheggiato in auto, ma che pochi conoscono da dentro. ì Di prima mattina, sotto la pioggia battente è ancora più tetro. Qualcosa alla Blade runner, solo che con la fantascienza non ha nulla da spartire. Tutto maledettamente vero da queste parti. Vera la cattedrale abbandonata dell’area Molini che ti accoglie come un gigantesco spettro una volta varcata la soglia dello scalo e superati gli ultimi edifici ferroviari; vero il tappeto di siringhe che ti accompagna quasi ininterrottamente per i primi duecento metri; verissima, quasi palpabile, la desolazione che ti si appiccica addosso e nemmeno la pioggia riesce a sciogliere. Si procede pensando a ciò che ti hanno raccontato.

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