Mezzo secolo di giornalismo, medaglia d’oro ad Arturo Zambaldo

Il nostro cronista sarà premiato mercoledì dall’Ordine. Assunto nel 1975 si è sempre dedicato a due grandi passioni: «nera» e sport.

Ha raccontato l’ultimo mezzo secolo di Bergamo e della sua provincia, dedicandosi alle sue passioni più grandi, la cronaca - soprattutto la «nera» - e lo sport. Mercoledì Arturo Zambaldo, 77 anni, storico giornalista de L’Eco, sarà premiato con la medaglia alla carriera dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia per i suoi 50 anni di iscrizione all’Albo.

«Un premio alla carta d’identità», dice lui scherzando, con quel pizzico d’ironia che da sempre lo contraddistingue. «La soddisfazione – continua – è di essere riuscito ad arrivare a tanto». Entrato al giornale per scrivere di calcio provinciale («La prima partita che mi fecero seguire fu un Chiari-Bagnolese di Prima Categoria», ricorda), Zambaldo mosse i suoi primi passi a L’Eco come collaboratore nel 1969 (anno in cui divenne segretario del Club Amici dell’Atalanta), mentre ancora insegnava educazione fisica nelle scuole superiori della città.

Negli anni ha costruito tutta la sua carriera all’interno del Gruppo Sesaab, con cui continua a collaborare ancora oggi, legato al giornale e al nsotro sito, ma anche a Bergamo Tv e Radio Alta. «Fui assunto come praticante nel 1975 grazie a Paolo Arzano e a Renato Possenti, per sostituire Franco Cattaneo, allora giovane cronista, che dovette lasciare la redazione per il servizio militare. Ricordo che allora eravamo appena 16 giornalisti». Iniziò così la sua lunga esperienza da «nerista»; una passione autentica, la sua, per la cronaca nera, che negli anni lo ha portato a stringere rapporti di amicizia con i vertici delle forze dell’ordine che si sono succeduti nella nostra provincia. Rapporti di cui ancora oggi Arturo Zambaldo va fiero. «Con molti questori e comandanti dei carabinieri, oggi sparsi in tutta Italia – racconta – ci sentiamo ancora adesso. In 40 anni di giri di nera, ogni giorno, in questura, in caserma e in ospedale, ho stretto amicizia con tutti. Quel giornalismo ormai non esiste quasi più: io uscivo dal giornale, andavo a procurarmi la notizia e la scrivevo. Ho vissuto l’epoca dei sequestri di persona e degli omicidi. Oggi il mestiere è cambiato come dal giorno alla notte. E la stessa cosa vale per lo sport: un tempo si entrava negli spogliatoi dei calciatori per intervistarli dopo le partite, oggi ci sono sbarramenti incredibili e anche entrare in questura non è più così facile».

L’unica parentesi al di fuori dal Gruppo Sesaab («Ma concordata con l’allora direttore Ettore Ongis», precisa Zambaldo), fu agli inizi degli anni Duemila, quando si trasferì per due anni al Gruppo Radio Number One di Sergio Gervasoni, che lo nominò direttore responsabile di Video Bergamo. Un’esperienza che è servita a Zambaldo quando, di ritorno al giornale, chiese di essere «trasferito» a Bergamo Tv, come segretario di redazione.

«Una notizia che non posso dimenticare? La soffiata di un poliziotto a mezzanotte, che mi raccontò del furto a casa di Antonio Di Pietro, il magistrato simbolo di Mani Pulite – dice –. Convinsi il direttore Sergio Borsi a pubblicarla subito, nella refurtiva c’era anche un computer prezioso per il suo lavoro. Lui mi disse: devi essere sicuro che è vera, altrimenti è già pronta la lettera di licenziamento».

Dai rapporti con le persone conosciute durante i suoi 50 anni di carriera, a quelli con i colleghi, fino all’amicizia («con la «A» maiuscola», dice lui) con l’attuale direttore de L’Eco, Alberto Ceresoli: «Ricordo quando, appena diciassettenne, venne in redazione chiedendomi di scrivere di basket – racconta Zambaldo –. Da allora è nato un rapporto affettivo solidissimo, familiare, che ci lega ancora oggi».

Innamorato di Bergamo, città da cui detesta allontanarsi anche per poche ore, Arturo Zambaldo non manca mai di esprimere la sua riconoscenza al giornale cui ha dedicato tutta la sua vita professionale. «Mi sono sempre definito un operaio della macchina per scrivere – dice – e da qualche anno del computer. L’Eco di Bergamo mi ha cambiato letteralmente la vita; io ho dato al giornale il mio lavoro e la mia passione, ma ho ricevuto in cambio molto di più. Gli devo pure il mio matrimonio: qui ho conosciuto mia moglie, Maria Maura Tironi, che allora lavorava in amministrazione e fu la prima segretaria del Club Amici dell’Atalanta. Ci ha sposato 47 anni fa monsignor Andrea Spada». Eh già, chi sennò?

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